L’ora più buia
La situazione è in tutta in un numero (2.978) e in un aggettivo (“inevitabile”). 2.978 è la cifra complessiva dei morti, che segna un aumento rispetto alla giornata di ieri (più 475) e si avvicina al numero complessivo dei decessi che ha avuto la Cina (3230), paese che ha una popolazione infinitamente più numerosa della nostra. Il che significa che siamo destinati, di qui a pochi giorni, ad essere il paese più colpito al mondo per mortalità.
“Inevitabile” è l’aggettivo usato dal ministro Francesco Boccia al termine dell’ennesimo gabinetto di guerra in relazione al prolungamento delle misure restrittive, ben oltre la data del 25 prevista dal provvedimento varato 8 giorni fa. È una decisione formalmente ancora non presa, ma diventata pressoché senso comune all’interno del governo, diversamente da quanto accaduto pochi giorni fa, col premier e i ministri economici più incerti e il ministro della Salute più determinato. Anche questo idem sentire dà il senso di una prepotente oggettività delle cose, che riduce ogni margine di interpretazione perché, come ripete Speranza, “la premessa per la ripresa è superare il contagio, e parlare di economia senza risolvere il problema sanitario non ha senso logico”.
All’ordine del giorno non c’è il “se” prolungare l’attuale quadro di restrizioni, fino al 3 aprile o Pasqua, è semmai se “inasprire” ancora di più la stretta, limitando le eccezioni previste e garantendo solo i servizi essenziali, nella speranza di contenere il contagio. È una situazione limite, di estremo stress individuale e collettivo. Basta scorrere le fotografie di giornata: il volto pallido di Fontana che, poche ora prima della divulgazione del bollettino della Protezione civile, lancia un appello drammatico (“restate a casa, presto non saremo in grado di aiutare chi si ammala”), il terrore del contagio al Sud, le grida dei governatori del Mezzogiorno che invocano l’esercito, un popolo smarrito che si appiglia, come naturale che sia, alle istituzioni, al governo, allo Stato, a chi cioè ha il compito di guidare fuori dall’emergenza. È un riflesso naturale, come naturale è il sentimento opposto qualora il quadro dovesse andare fuori controllo: la paura che diventa rabbia, rifiuto, aspettativa delusa.
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