Un altro giro di chiave
“Mi prendo ventiquattr’ore per decidere, ci riaggiorniamo domani”. E’ già stanco, Giuseppe Conte, ma è solo al briefing mattutino. Davanti ha Roberto Speranza, Francesco Boccia, Lorenzo Guerini, Luigi Di Maio e i due commissari Angelo Borrelli e Domenico Arcuri. Davanti ma su uno schermo, giacché Palazzo Chigi per primo ha voluto stringere le maglie dei controlli, con riunioni videoconnesse e conferenze stampa alle quali, da domani, si potranno far domande solo prenotandosi e seguendole in streaming, per evitare il più possibile contatti.
Il premier ha davanti una decisione complessa: tenere duro e aspettare che si raggiunga il picco, che la maledetta curva discenda, o privare di un altro pezzo di libertà individuali i cittadini, per spezzare la catena dei contagi? In serata arrivano i dati della Protezione civile. L’Italia supera la Cina per numero di morti, tocca quota 3405, 4480 i nuovi contagi. I numeri fanno tremare le vene ai polsi. A Palazzo si dice che il presidente stia accelerando le decisioni, si sente l’aria di un annuncio serale. I tecnici sgrezzano i dati: “In Lombardia la situazione è grave (300 i medici mobilitati dal resto d’Italia e mandati al fronte, n.d.r), in tutto il Nord lo è. Ma al Centro-Sud le misure sembra che funzionino”. Fonti di governo spiegano che il parallelo Cina-Italia non è corretto, che bisogna considerare la regione di Hubei per dimensioni e misure imposte, una sessantina di milioni di abitanti, stiamo lì. Un dettaglio, che ha poco senso visto con la lente dell’oggi. Perché tutti sanno che lì il contagio è ai minimi, qui da noi la macabra conta è destinata ad andare avanti.
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