Confindustria al governo: “Non si può chiudere tutto”. Sindacati: “Pronti allo sciopero generale”
di VALENTINA CONTE
ROMA – Una lettera di due pagine, firmata da Vincenzo Boccia. Il presidente di Confindustria scrive al presidente del Consiglio Giuseppe Conte. E gli chiede di tenere conto di alcuni punti molto importanti nella stesura del dpcm, il nuovo decreto che di fatto sancisce la “serrata d’Italia“, la chiusura di tutte le attività produttive non essenziali fino al 3 aprile. Ecco perché Palazzo Chigi è tentato di far slittare tutto a mercoledì.
Ma è guerra con i sindacati, contrari ad ampliare la lista dei settori da lasciare aperti. “Il governo si è impegnato a chiudere per due settimane le attività e i settori non essenziali”, si legge in un tweet della Cgil. “Aperto deve restare solo l’essenziale. Il sindacato è pronto alla mobilitazione e anche allo sciopero generale per difendere la salute”. Anche Cisl e Uil concordano.
Ecco dunque che il premier Conte in serata firma il dpcm. La stretta vale però da lunedì 23 marzo al 3 aprile. Ma contiene molte deroghe volute da Confindustria. Sindacati furibondi. Ci sono due giorni – dal 23 marzo al 25 marzo – concessi alle aziende per adeguarsi alle nuove norme.
Il succo della lettera di Confindustria era chiaro e sembra aver fatto breccia. Caro governo, scegli bene cosa fermare e cosa no. Perché c’è il rischio di interrompere forniture imprescindibili alle attività essenziali. E di porre le condizioni, in molte realtà, per non riaprire più. Un grido d’allarme, insomma. Arrivato proprio quando il governo è impegnato a stendere nero su bianco l’ennesimo decreto d’urgenza di questa pandemia con la lista delle aperture essenziali.
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