Berlino e il prezzo da pagare
L’Europa è spaccata, Nord contro Sud, come nella crisi finanziaria del 2012. Allora la contrapposizione era reale. La speculazione, sopraffatta la Grecia, attaccava l’Italia e gli altri Paesi del Sud per la loro fragilità finanziaria e nel dubbio che non tutti potessero rimanere nell’euro. La Germania e i Paesi del Nord venivano invece percepiti come forti e i capitali vi affluivano. Malgrado le divergenze obiettive, i capi di Stato e di governo riuscirono dopo forti tensioni a raggiungere un accordo unanime nel giugno 2012. Anche la Germania e i Paesi del Nord riconobbero per la prima volta che, come sostenevano Italia, Francia e Spagna, sarebbero stati opportuni interventi della Bce a sostegno dei titoli di Stato di quei Paesi che, pur essendo ancora presi di mira dalla speculazione, stavano seguendo le politiche convenute in sede europea. Da quel giorno la Bce seppe che neppure i «falchi» del Nord avrebbero potuto criticarla se avesse dichiarato il proposito («Whatever it takes» di Mario Draghi) e poi confezionato lo strumento (Omt) per effettuare tali interventi.
La contrapposizione tra Nord e Sud, emersa l’altro giorno tra i capi di Stato e di governo, non ha un’analoga giustificazione obiettiva, dato che il coronavirus sta colpendo tutti, mentre la speculazione finanziaria colpiva le economie meno «virtuose». La spaccatura inoltre è intervenuta dopo che la Bce aveva già agito, sia pure con una comunicazione malcerta. La divergenza è però a mio parere superabile se nei prossimi giorni ci fosse — in primis tra Italia e Germania, come nel 2012 — un confronto serrato ai massimi livelli, con lo sforzo di capire le posizioni dell’altro anziché stigmatizzarlo di fronte alla propria opinione pubblica. Se invece in quanti hanno responsabilità di governo prevalesse quest’ultimo atteggiamento, a vincere sarebbero solo i sovranisti del Sud e quelli del Nord, con una frattura forse insanabile tra Italia e Germania, probabilmente fatale per l’Unione europea. Putin e Trump brinderebbero.
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