Coronavirus, scienziati in attesa del picco dei contagi: «Serve ancora una settimana»

La quota dei morti

A che numero di morti e ammalati è possibile fissare l’arrivo del picco? È impossibile prevederlo ora, anche perché sono cifre in entrambi i casi sottostimate e destinate a crescere (anche se progressivamente meno) fino alla fine della prima ondata di contagi. «I positivi adesso aumentano di circa 5.000 al giorno e purtroppo ci aspettiamo sempre 500-600 decessi quotidiani ancora per una settimana — afferma Pregliasco —. Il numero di vittime, inoltre, fotografa la situazione esistente una settimana prima, visto che il peggioramento delle condizioni dei pazienti di solito avviene dopo circa sette giorni di malattia».

I modelli matematici

Per essere certi di aver imboccato la strada giusta bisognerà vedere se alla fine della prossima settimana ci sarà un numero minore di nuovi casi rispetto a quelli del giorno prima. Anche i modelli matematici non si spingono molto oltre con le stime: «Hanno diversi margini di errore — spiega Pregliasco — prevedono solo due o tre giorni con maggiore esattezza, un po’ come avviene per le previsioni del tempo». «Tutti stanno facendo modelli — aggiunge Ricciardi —, comprese l’Oms e la Commissione Europea, ma sono calcoli che non vengono resi pubblici. Nessuna istituzione seria vuole fare previsioni che non siano assolutamente certe». Altra variabile che incide sull’arrivo del picco italiano è la presenza di situazioni localmente diverse e sfasate (anche cronologicamente), «a macchia di leopardo»: alcune zone della Lombardia hanno appiattito la curva da qualche tempo, altre sono ancora in emergenza. Tutte insieme contribuiscono al dato generale italiano. «Nonostante le variabili regionali mi aspetto che, dopo l’inversione di tendenza, la discesa sia chiara ed evidente a fine aprile», ipotizza Pregliasco.

Quando finirà

Dato che l’abbattimento più o meno veloce dipende tanto dal nostro comportamento e dal rispetto delle misure di distanziamento sociale non è il caso di allentare la stretta, ma fino a quando dovremmo aspettare? Fino al giorno in cui non registreremo più casi autoctoni, come in Cina? «Più ci si arriva vicini meglio è. Chiaro che poi non sarà “tutti al mare”: dovremo mantenere un’attenzione elevata come stanno facendo a Wuhan, tenerci in casa mascherine e disinfettanti per le mani almeno per il prossimo anno (o due). La ripartenza non sarà istantanea: diverse pandemie hanno avuto ondate successive, anche se con meno casi complessivi», dice Pregliasco. Una ripresa graduale, quindi, e con molte cautele, ma almeno avremo miglior capacità di prevenire l’eventuale seconda ondata: «Non sarà più una marea montante e saremo più organizzati con i controlli», continua Pregliasco. Quando finirà tutto veramente? «Torneremo a una vera normalità quando avremo una cura specifica e un vaccino e ci vorranno mesi», conclude Ricciardi.

CORRIERE.IT

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