Bei, Fei e Feis. Una “troika” salva-Europa

Alberto Quadrio Curzio Economista, presidente emerito Accademia dei Lincei

Nel mio precedente intervento ho avuto modo di dire che non serve un Piano Marshall, ma un Piano Delors/Draghi e che per contrastare la pandemia di Coronavirus, con Bei e Fei, l’Europa potrebbe mobilitare 1000 miliardi. Ho accentuato il ruolo delle complementarietà tra pubblico e privato da un lato e tra economia monetaria e economia reale dall’altro, per superare la terribile crisi in cui siamo. Jacques Delors, che fu presidente della Commissione europea per tre mandati dal 1985 al 1995, contribuì con Helmut Kohl e Francois Mitterrand (un terzetto eccezionale!) a una svolta storica nella costruzione europea. Non tutto quanto fatto dal presidente Delors è condivisibile, ma la sua impostazione per un’Europa comunitaria orientata al XXI secolo è cruciale. Per questo ne tratto qui.

Jacques Delors: crescita, competitività e occupazione

Una sintesi dei programmi di Delors, non pochi realizzati ed altri prefigurati, si trova nel Libro Bianco del 1993: “Crescita, competitività e occupazione. Le sfide e le vie da percorrere per entrare nel XXI secolo”. Da questo Libro Bianco si dovrebbe ripartire sia per l’impostazione pragmatica istituzionalmente mista Federalista-Confederalista-Funzionalista della costruzione europea, sia per tenere salde le potenzialità e le finalità dell’economia reale e strutturale europea.

Delors volle il Libro Bianco per “prendere le decisioni – decentrate, nazionali o comunitarie – che ci permettano di creare la basi di uno sviluppo sostenibile, di lunga durata, delle economie europee, mettendole in grado di far fronte alla concorrenza internazionale e creando al tempo stesso milioni di posti di lavoro necessari”. In altri termini per “una nuova sintesi tra gli obiettivi che la società persegue (il lavoro come fattore d’integrazione sociale, la pari opportunità) e le esigenze dell’economia (la competitività e la creazione di posti di lavoro)”.

Il Libro Bianco declina così le politiche sia per la competitività globale sia per lo sviluppo intraeuropeo equilibrato fatto dal mercato interno, ma anche dagli investimenti nelle reti infrastrutturali transeuropee, nella ricerca scientifica e nella tecnologia, nell’istruzione, nella digitalizzazione e nelle biotecnologie, nella transizione alle tecnologie pulite e al risparmio delle risorse. Sono programmi di 30 anni fa che anticipano il XXI secolo.

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