«Cassa integrazione, ecco perché non arriverà prima della fine di maggio»

«Cassa integrazione, ecco perché non arriverà prima della fine di maggio»

È escluso che l’azienda possa fare da sé?
«È escluso, non potrebbe riuscirci».

Che succede dopo che la richiesta arriva a voi?
«Il datore di lavoro ci deve comunicare i dati di ogni singolo dipendente che intende mettere in cassa e per quanto tempo. A quel punto noi dovremmo mandare la richiesta on line alla Regione di riferimento, che però ha posto dei vincoli da rispettare spesso superiori a quelli previsti dal decreto legge e dalla stessa circolare Inps».

Faccia un esempio concreto.
«Nel Lazio è richiesto l’accordo con i sindacati, non basta la consultazione. Significa che bisogna trovare i sindacati cui fa riferimento l’azienda in questione, concludere l’intesa in videoconferenza e allegarla alla domanda alla Regione. Secondo la circolare Inps, invece, basterebbe solo l’informativa ai sindacati. Ma, ripeto, per evitare contestazioni, bisogna attenersi anche alle procedure previste dalle singole Regioni. Se un’azienda ha dipendenti in più Regioni vanno mandate le domande a ogni Regione interessata». coronavirus

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E poi?
«La legge dice che la Regione ha 48 ore per trasmettere il decreto di autorizzazione all’Inps una volta emesso, ma non ha nessun termine per esaminare la domanda e per emettere lo stesso decreto».

E abbiamo finito?
«Magari. L’Inps, ma qui non ci sono termini da rispettare, esaminato il provvedimento della Regione emette il decreto di pagamento».

Finalmente arrivano i soldi?
«No. Il decreto di pagamento viene mandato al datore di lavoro che ha chiesto la cassa il quale, attraverso noi, compila il modello SR41 con una serie di dati relativi ai dipendenti, compreso l’Iban sul quale verrà versato l’importo della cassa integrazione».

E quindi quanto ci vuole per completare tutto il percorso?
«In tempi normali e per la cassa ordinaria, che ha come interlocutore ha solo l’Inps, ci vogliono mediamente 30 giorni. Ma questi non sono tempi normali. Le richieste di cassa si sono moltiplicate di almeno dieci volte. La cassa in deroga prevede anche il passaggio con le Regioni e quindi, anche se presento la domanda oggi, se non si semplificano le procedure i soldi non arriveranno al lavoratore prima della fine di maggio. Per non parlare delle grandi imprese della distribuzione, qui i tempi potrebbero essere più lunghi».

Perché?
«Perché ad oggi le domande ancora non possono essere trasmesse e poi queste aziende hanno sedi anche in 10-15 regioni. Per loro la norma prevede che la domanda di cassa in deroga debba essere inviata in maniera centralizzata al ministero del Lavoro, che però ha ben 30 giorni di tempo per emettere il decreto di pagamento da inviare all’Inps. E poi c’è la procedura di autorizzazione del pagamento da parte dell’Inps. E qui parliamo di centinaia di migliaia di lavoratori che potrebbero essere interessati».

Ora però Abi, imprese e sindacati stanno negoziando una convenzione per far anticipare i soldi alle banche, cui poi li restituirà l’Inps. Può essere questa la soluzione per dare i soldi subito ai lavoratori?
«È una convezione che è stata già utilizzata nel 2009 durante la crisi finanziaria. Ma oggi non funzionerebbe perché imporrebbe a milioni di lavoratori di aprire una linea di credito direttamente con le banche fornendo molti dati. Il percorso sarebbe più semplice se il credito fosse concesso direttamente al datore di lavoro il quale è già in possesso di tutti i dati per procedere velocemente al pagamento».

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