Coronavirus: «Quando finirà davvero? Quota zero a metà maggio» Alcune regioni arriveranno prima

Le stime

Le stime sono pubblicate dall’Einaudi Institute for Economics and Finance (Eief), un centro di ricerca universitaria sostenuto dalla Banca d’Italia ma del tutto indipendente nella ricerca. Il centro studi, basato a Roma, sta avviando in questi giorni un lavoro di ricerca che mancava. La Protezione civile e l’intero governo dall’inizio dell’emergenza fin qui sono stati in effetti molto trasparenti – più che in vari altri Paesi europei – nel comunicare il numero dei nuovi contagi registrati, delle persone in terapia intensiva, dei decessi, oltre ai dati di ogni regione; in alcuni casi sono stati resi disponibili anche i dati di dettaglio per le singole provincie e gli accessi al pronto soccorso. Ma le autorità non hanno mai reso né misurabile la direzione e l’approdo: non hanno mai detto dove eravamo rispetto alle previsioni di evoluzione del morbo, che non sono mai state rese note. Non una mancanza da poco, per una popolazione a cui si chiede il più grande sacrificio: privarsi della libertà di muoversi e, spesso, di guadagnarsi da vivere. Senza aspettative ufficiali, gli italiani si sono trovati a volare al buio da oltre un mese.

La Toscana indietro

Ora inizia ad accendersi la luce di un radar, magari non esatta ma plausibile. L’Eief prevede che per le regioni più colpite del Paese potrebbe volerci un po’ più di più tempo che per quasi tutte le altre, ma intravede un orizzonte. Il Veneto tende statisticamente verso quota zero nuovi contagi registrati il 14 aprile. Per il Lazio la direzione di marcia indica un obiettivo al 16 aprile, pochi giorni prima di Calabria e Campania. Ultima la Toscana, la regione dove la curva si sta piegando più lentamente, con una soglia prevista appunto al 5 maggio. L’Emilia-Romagna tende verso la soglia al 28 aprile, mentre la Lombardia già il 22. Potrebbe essere lontano non più di tre settimane il momento in cui si tampona – non si chiude, non si cicatrizza – la ferita più dolorosa di questa tragedia.

La serie dei dati

Così l’istituto Einaudi cerca di colmare il vuoto di comprensione delle tendenze mettendo a frutto l’esperienza degli economisti nell’usare serie di dati del passato per cercare di capire cosa può accadere in futuro. La base è costituita dalla serie dei dati che da 35 giorni la Protezione civile fornisce ogni sera. È stimando le variazioni quotidiane e la loro evoluzione nel tempo che l’Eief formula le proprie estrapolazioni. Il lavoro è di Franco Peracchi, ordinario di econometria in congedo dall’Università di Tor Vergata, oggi direttore dei master di economia alla Georgetown University di Washington. Per adesso, indica un orizzonte per la prima volta chiaro: le nuove diagnosi di Covid-19 si azzerano al più tardi il 16 maggio in sedici delle venti regioni italiane, anche se si tiene conto di puntuali casi futuri fuori dalla norma dell’ultimo mese.

Quattro regioni incerte

Restano ancora fuori dalle stime di Peracchi e dell’Eief solo Marche, Molise, Sardegna e da ieri sera anche la Campania. Da queste quattro regioni vengono in un certo senso le notizie peggiori: non hanno ancora invertito la curva, non hanno ancora imboccato la parte discendente della traiettoria che permette di intravedere quando e dove atterreranno. Ma almeno Sardegna e Molise sono casi limitati e circoscritti. Peracchi si preoccupa adesso in particolare della Campania. Non tanto per i quasi duemila casi, ma per la dinamica: gli ultimi sei giorni hanno fatto registrare un aumento dei casi da 80 in più a 189 in più rispetto alla giornata precedente.

Tendenza nazionale

Va tenuto presente però che i dati sulle singole regioni sono soggetti a forti revisioni di giorno in giorno, perché un numero ridotto di nuovi casi può far variare di molto le estrapolazioni. Per questo va seguita soprattutto la tendenza nazionale, fondata su una base di dati più vasta. Peracchi stesso, l’autore dello studio, introduce alcune avvertenze sulla qualità dei dati. «Va notato che il numero dei casi in questo momento non è pari al numero degli abitanti del Paese attualmente infettati, ma solo a quello di coloro che sono risultati positivi al test. La quantità di persone attualmente infettate è probabilmente maggiore di un ordine di grandezza», scrive.

Indicazione di tendenza

Luigi Guiso, docente di Household Finance dell’Eief e fra gli economisti italiani più influenti nel mondo, osserva che le estrapolazioni vanno prese soprattutto come «un’indicazione di tendenza, un’idea di dove stiamo planando con le misure di contenimento». Guiso prevede anche che le previsioni, soggette a continui aggiornamenti, dovrebbero diventare sempre più affidabili man mano che la Protezione civile aggiorna i dati. Soprattutto, aggiunge, potrebbero aiutare a disegnare sperimentazioni e strategie graduali di uscita dal blocco tenendo conto delle condizioni dei diversi territori. A una condizione però, precisa Peracchi: indicare una luce in fondo al tunnel oggi è possibile solo se gli italiani continueranno con la stessa cura di prima a evitare i contatti per bloccare il contagio. Allentare la concentrazione adesso, anche di poco, significa tornare al buio.

CORRIERE.IT

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