Coronavirus, ma la politica non può abdicare

Rimanendo su quest’ultimo aspetto, per esempio, un costituzionalista di rango certamente aiuterebbe il governo a presentare (meglio di quanto non si sia fatto fino a ora) le limitazioni della libertà imposte dalla pandemia come un fatto eccezionale e limitato (limitatissimo) nel tempo di cui il presidente del Consiglio – sentito il Capo dello Stato e consultata l’opposizione – si assume l’esclusiva responsabilità di fronte al Paese.

Ma un consiglio consultivo così eterogeneo non finirebbe per creare confusione, incomprensioni e litigi a non finire fra i suoi componenti? Come sa per esperienza chiunque abbia fatto parte di gruppi di lavoro che mettevano insieme competenze diverse, il confronto fra specialisti differenti , di solito, obbliga ciascuno a tenere conto del punto di vista degli altri. Può essere benissimo evitato «l’effetto Babele». Perché è importante soprattutto che, nella nuova fase, il parere dei medici e dei responsabili della sanità sia bilanciato da quello dei rappresentanti delle categorie produttive e degli esperti economici? Perché si tratta di continuare a contrastare il virus senza distruggere il sistema produttivo. Si tratta di porre le basi per fronteggiare il crollo della produzione in atto e per rilanciare in breve tempo l’economia. Se si riuscisse a eliminare il virus salvando qui e ora tante vite umane ma al prezzo di non fare nulla per curare il sistema economico, il dramma si riproporrebbe a scoppio ritardato, in futuro, anche se in forma diversa. A causa del drastico impoverimento del Paese (chiusura a ripetizione di un grandissimo numero di aziende industriali e commerciali) . Anche le malattie causate dall’indigenza sono in grado di uccidere le persone.

Ora il problema è che la classe politica italiana, in una sua grande parte, non è solo (come ha il diritto di essere) ignorante in materia di epidemie e dei modi per arginarne gli effetti. Spesso ignora anche (qui, invece, non ci sono scusanti) come funzioni un’economia di mercato, che cosa sia davvero un sistema produttivo. In Italia tanti di coloro che fanno parte della classe politica sono stati indottrinati contro il mercato fin da quando andavano a scuola. Non pochi sono i nemici della società industriale, quelli che auspicano una radicale de-industrializzazione del Paese. Ci sono anche quelli che, pur non pregiudizialmente ostili, sono comunque ignoranti in materia di processi produttivi. Basti pensare a cosa sono stati capaci di combinare nel caso dell’Ilva. La massiccia immissione di denaro che deve alleviare gli effetti dell’attuale blocco delle attività produttive può servire a rimettere in moto il sistema economico oppure può essere impiegato per scopi improduttivi. Può servire per rilanciare produzione e lavoro, per aprire un nuovo ciclo di crescita economica, oppure può servire (come qualcuno ha già proposto) per imporre una sorta di reddito di cittadinanza universale. Faremmo la fine del Venezuela.

Nelle prossime settimane e mesi assisteremo plausibilmente a un conflitto fra opposte «filosofie economiche», fra opposte idee su come impiegare il denaro pubblico. Quel conflitto deciderà del futuro del Paese per i decenni a venire. Per questo è urgente che coloro che meglio conoscono il sistema produttivo e hanno idee su come rilanciarlo vengano ascoltati. Possibilmente, con la stessa attenzione con cui il governo (come tutti noi) ascolta i medici.

CORRIERE.IT

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