Coronavirus, così funzionano i test sierologici per ottenere la «patente di immunità»


«Alla ripresa o facciamo milioni di tamponi, e non è sostenibile, o troviamo una via alternativa — conferma Massimo Galli, direttore del dipartimento di Malattie infettive dell’Ospedale Sacco di Milano —. Per risolvere il problema dei falsi positivi e dare la patente di immunità potremmo sottoporre a tampone tutte le persone che hanno sviluppato gli anticorpi. Se si saranno anche negativizzate, potranno tornare operative senza prendere precauzioni. Verosimilmente sono guarite e non contagiose».

La patente di immunità

È proprio la cosiddetta «patente di immunità» quella su cui si punta per la ripartenza. Non basta però essere immuni, bisogna anche capire per quanto tempo gli anticorpi ci proteggeranno. Ci sono infatti virus, per esempio l’Hiv, verso cui l’organismo sviluppa anticorpi utili a fini diagnostici, ma che non forniscono immunità. In base all’esperienza con altri coronavirus, ci si aspetta che le persone guarite da Covid-19 siano protette per almeno un anno o due, ma lo capiremo solo facendo altri test a cadenza fissa, come hanno deciso di fare in Germania, dove serviranno tre test prima di assegnare il «passaporto di immunità». «Giusto ripetere i test periodicamente e quelli rapidi sono meno invasivi e costosi dal punto di vista organizzativo — dice Galli —. Noi li stiamo provando: se avremo le autorizzazioni li useremo anche per la valutazione a tappeto della popolazione di Castiglione d’Adda dove il 70% dei donatori di sangue era positivo a Covid-19. Questo ha dimostrato che in quel paese l’infezione era molto diffusa. Vogliamo capire quante persone si sono infettate, quanti sono i guariti e quanti sono attualmente positivi».

I vantaggi futuri

Anche in altri Paesi i ricercatori hanno iniziato a lanciare «serosurveys»: i test sierologici su campioni rappresentativi servono a misurare quanto si sia vicini all’immunità di gregge. Ultima frontiera, il vaccino: i test su larga scala potranno indicare quali persone avranno la priorità nella programmazione della vaccinazione di massa.

CORRIERE.IT

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