L’Olanda e il no agli eurobond: chi è Rutte, il premier che rischia di far saltare l’Ue
Un pianista con la passione per la politica
La frugalità è di casa. Il premier Rutte, 53 anni, single, viene descritto come un leader dalla vita semplice. Da giovane era un pianista di talento che ha accarezzato l’idea di una carriera musicale se non avesse fatto studi d’arte e di storia e non fosse poi stato attratto dalla politica: ha mosso i primi passi nell’Organizzazione giovanile per la Libertà e la Democrazia (il movimento giovanile del suo partito Vvd), di cui fu presidente tra il 1988 e il 1991. Già si vedeva la stoffa del leader. Nel 2017, all’epoca della sua rielezione a premier, veniva enfatizzato che Rutte guidasse un’auto di seconda mano (ha una passione dichiarata per le Saab), usasse un vecchio cellulare e che vivesse ancora nell’appartamento che aveva comprato dopo la laurea in Storia all’Università di Leden nel 1992, come riferiva l’Afp, nonostante fosse alla guida dell’Olanda già dal 2010. Era anche riuscito a ritagliarsi il tempo per insegnare un’ora a settimana in una scuola di un quartiere povero dell’Aja. La Bbc ricordava poi l’abitudine di cenare ogni settimana con la madre novantenne nel loro ristorante indonesiano preferito. Con gli anni il liberale Rutte ha giocato sempre più la carta di difensore dei valori olandesi, Paese fondatore e ancora europeista in cui serpeggia il pensiero crescente di dare più di quanto riceve dall’Unione.
La nuova Lega anseatica
Non
è un caso se l’Olanda guida anche la nuova Lega anseatica, il gruppo
informale che comprende Irlanda, Finlandia, Danimarca e i tre Stati
Baltici che si ispira alla Confederazione rinascimentale fra le
città-Stato del Nord Europa, che a quel tempo dominava i commerci.
La scheda
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di Redazione Economia
Gli otto Paesi si vedevano ogni mese in una cena riservata (questo quando ancora non c’era il coronavirus) per coordinare posizioni comuni tutte caratterizzate dall’opposizione a ogni cambiamento che comporti una maggiore integrazione e cessione di sovranità. Sono stati sempre contrari, infatti, al bilancio dell’Eurozona e all’unione fiscale. Ma l’impatto del coronavirus ha stravolto la realtà e questa volta è rimasta l’Olanda a dire no alle proposte avanzate dall’Eurogruppo e al compromesso trovato a grandissima fatica al termine delle 16 ore di discussione di martedì scorso. bruxelles
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Falchi e colombe
Fin dalla crisi finanziaria scoppiata nel 2008, l’Olanda è stata dalla parte dei falchi difensori della disciplina dei bilanci contro le colombe spendaccione del Sud. Nel le elezioni politiche del 2017 l’uscente premier Rutte, che aveva portato avanti politiche di austerità per far fronte alla crisi riportando la disoccupazione al 5,3%, è riuscito a mantenere il suo Partito popolare per la libertà e la democrazia (Vvd) al 21,3%, facendo da argine ai populisti xenofobi del Partito per la libertà di Geert Wilders che si è fermato al 13,1%. Ma per costituire i suo terzo esecutivo (il primo risale al 2010 e il secondo al 2012) Rutte stavolta ha impiegato quasi sette mesi, ben 208 giorni, e alla fine è riuscito a mettere insieme il Vvd, i cristiano-democratici del Cda, i liberali progressisti del D66 e l’Unione cristiana. Un’alleanza fragile sempre tallonata dal populismo crescente. L’Europa
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Le due mozioni
Le due mozioni approvate dal Parlamento dell’Aja mercoledì sera, che sono passate rispettivamente con 86 e 88 voti a favore su 150, mettono chiari paletti all’azione del premier e del suo ministro delle finanze. Nella prima si osserva che «vari commissari europei sostengono apertamente l’introduzione degli eurobond» e chiede al governo di «non accettare mai una proposta che abbia la conseguenza diretta che i Paesi Bassi garantiranno in una certa misura il debito pubblico di un altro Stato». Nella seconda si dice che «in caso di necessità dovremmo mostrare solidarietà reciproca in Ue», ma «sostegno aggiuntivo non significa la creazione di un’unione del debito attraverso, ad esempio, gli eurobond», e invita il governo anche a tenere il punto sul «rispetto delle condizionalità quando si utilizza il Mes». Anche se in Olanda nei giorni scorsi si sono levate voci a favore di una soluzione europea, come quella del governatore della Banca centrale olandese Klaas Knot (non per altruismo ma per preservare l’Eurozona), il premier Rutte e il suo ministro Hoekstra hanno scelto di parlare alla pancia del Paese. Il ministro delle Finanze ha addirittura proposto a Bruxelles un’indagine europea sul perché alcuni Paesi dell’Ue non abbiano usato la crisi del 2008 per risanare le proprie finanze, parole definite «disgustose» e «prive di senso» dal premier portoghese Antonio Costa. Ma che in Olanda fanno lievitare i consensi.
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