Coronavirus, lo show di Conte (stanco e arrabbiato) in diretta tv: «Salvini e Meloni dicono falsità»

E ancora, per smentire quella che ritiene una fake news: «Se il Mes è una trappola, chi l’ha confezionata se ne assuma la responsabilità pubblica. Io nel 2012 non c’ero, mentre Giorgia Meloni era ministro…».

Conte la chiama «operazione trasparenza». Come fece con Salvini ad agosto, il premier strappa il velo e non lo fa, vuole sia chiaro, per difendere se stesso, ma per difendere l’Italia: «Non posso lasciare che la figura del presidente del Consiglio venga delegittimata. Avevo fatto un appello alle opposizioni, ma quello che è successo rischia di indebolire non Giuseppe Conte o il governo, ma l’intera Italia, perché è un negoziato difficilissimo». In gioco c’è l’immagine della Penisola flagellata dal virus e ci sono i soldi degli aiuti che Roma non può permettersi di veder sfumare. Al centro dello scontro c’è di nuovo il Mes, parola che per i 5 Stelle è un tabù impronunciabile e rischia di fare esplodere le contraddizioni della maggioranza.

Prova ne siano le sei ore di incontro-scontro con i capidelegazione. Si litiga sulle riaperture, con la renziana Teresa Bellanova che vuole le fabbriche aperte: «Vogliamo salvarci dal virus e morire di fame?». Ma i passaggi più critici sono sulla trattativa con l’Europa. Roberto Gualtieri è convinto di aver raggiunto all’Eurogruppo un risultato impensabile, ma il sottosegretario Riccardo Fraccaro ripete il niet 5S: «No al Mes, né ora né mai». Davvero troppo per Dario Franceschini, gran mediatore del Pd. Raccontano che il capo delegazione dem abbia alzato «di brutto» i toni, sfidando direttamente Bonafede e indirettamente Conte: «Del Mes non c’è più nulla, resta soltanto il nome. Ci sono in gioco 37 miliardi di aiuti senza condizioni per la sanità, di cui 14,5 li abbiamo messi noi. Come si fa a dire “mai e poi mai”? È una posizione ideologica».

Gli strascichi si faranno sentire fino a sera, tanto che sia Palazzo Chigi che il Mes smentiscono un litigio tra Conte e il ministro Gualtieri («c’è piena sintonia») e ogni partito legge a suo modo le dichiarazioni di Conte. Per M5S il premier è stato chiaro, ha detto «il Mes non ci serve, l’Italia ha bisogno di ben altro per risollevarsi». Cento miliardi, forse 200, cifre che solo gli eurobond invocati da Conte possono garantire: «È lo strumento più adeguato e condurremo fino alla fine la nostra battaglia». Poi la frase che i vertici del M5S hanno cerchiato in rosso: «Al Consiglio europeo spiegherò con forza che il Mes è uno strumento totalmente inadeguato». Eppure anche i dem si dicono soddisfatti, perché il premier non ha detto «il Mes non lo useremo mai» e anzi ha sottolineato come otto alleati dell’Italia «vogliono una linea di credito collegata al Mes senza condizioni».

CORRIERE.IT

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