Troppi morti a New York: si torna a seppellire nell’isola dei “disperati”
di ANNA LOMBARDI
Troppi morti a New York: la città non ce la fa più. Nello stato-focolaio d’America i contagi hanno superato i 170mila, più della metà nella sola Grande Mela. I morti sono 7.844, ben 777 nelle ultime 24 ore. Negli obitori non c’è più posto e sono quasi al limite pure i 44 camion frigorifero capaci di contenere 45 cadaveri. Il pericolo d’infezione è costante: e per liberarsi dei corpi sempre più in fretta, è stata ridotta da 60 a 14 giorni la tolleranza verso le salme che alla morgue non reclama nessuno. In una situazione così, non c’è altra scelta: seppellire i senza nome, i senza famiglia, i senza soldi nelle fosse comuni di Hart Island.
Sì, il lugubre scoglio a est del Bronx conosciuto dai “locals” come “isola dei morti”: e che ora il New York Post, che ieri l’ha messo in copertina, ribattezza “isola delle lacrime”. Qui, dal 1896 riposano, chissà se in pace, i reietti della città: i poveri, i morti ammazzati rimasti senza nome. E poi, nei primi anni 80, i tanti uccisi dall’Aids quando ancora non si sapeva come si propagava quel male. Ancora oggi, finiscono qui coloro che nessuno reclama. Fino a poche settimane fa, non più di 25 a settimana: ora almeno 25 al giorno. Se siano vittime dal coronavirus nessuno lo sa. Se sono morti in casa, da soli, è probabile: ma non viene fatto loro il tampone. Di sicuro, “si tratta di persone per le quali in due settimane nessuno si è fatto avanti, accollandosi le spese del funerale” dice Freddi Goldstein, portavoce del sindaco Bill de Blasio, al tabloid newyorchese.
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