State a casa, lo show continua
Alla fine dello show, più nervoso del solito, messo in onda con lo stesso format, ovvero una conferenza stampa che sequestra tutti i tg nell’ora di massimo ascolto, pressoché in contemporanea con la via Crucis, vero omaggio all’unico Dio che guida la politica di questi tempi, la Comunicazione, alla fine dello show, dicevamo, c’è un solo punto fermo: lo “state a casa”. Per un periodo ancora lungo, lunghissimo, quasi come quello che abbiamo alle spalle, altre tre settimane poi chissà.
Misura estrema, drammatica, in questa alternativa del diavolo che si è posta tra Salute e Pil, per cui per tutelare la prima si deve sacrificare il secondo, presentata dal presidente del Consiglio quasi come un atto burocratico, non come ennesimo tornante per il paese reale, con le sue emozioni, le sue aspettative, le sue paure di una Pasqua con quasi ventimila morti, senza un orizzonte di resurrezione. Va in onda una dimensione individuale separata dalla realtà, che si manifesta in una torsione, o illusione, da “uomo solo al comando” costruita sullo stato di eccezione. La indica quel dito puntato contro l’opposizione, con toni quasi da comizio sulla tv di Stato, che spoglia il ruolo di presidente del Consiglio da quell’abito di terzietà indossato ai tempi in cui, da aspirante Churchill, chiedeva collaborazione nell’ora più buia.
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