“Chiudere tutto, anzi no”. Salvini e il Covid 19, la confusione del leader leghista sulla gestione dell’epidemia

21 febbraio: “Chiudere l’Italia”

In occasione dei primi contagi, in Italia, da Covid 19, Matteo Salvini, non aveva dubbi: “Bisogna chiudere tutto”. Alle domande dei giornalisti sulle misure da adottare per scongiurare l’inizio dell’emergenza, il leader leghista il 21 febbraio scorso dichiarava: “Davvero non vorrei polemiche, non penso solo ai barconi e ai barchini. Penso ai controlli di chiunque entra in Italia ed esce dall’Italia: evidentemente, qualcosa non funziona. Il Governo? Non do colpe a Tizio e a Caio:  è fondamentale, se non l’hanno fatto da ieri, che da oggi – scandiva Salvini- chiunque entri in Italia con qualunque mezzo di trasporto, dalla zattera all’aeroplano, venga controllato”.

27 febbraio: “Tornare alla normalità”

Il leader leghista il 27 febbraio, a soli 6 giorni di distanza dalle sue prime dichiarazioni sull’emergenza Covid-19, sembra entrare in confusione e cambia rotta. Dal “controllare tutti”, Salvini passa al “tornare alla normalità”.
Attaccando l’Europa e il governo Conte, il leghista, dopo essere salito al Colle per un colloquio co il Capo dello Stato, Sergio Matterella, all’uscita dal Quirinale dice ai cronisti che lo attendono: “Il Paese affonda, con i governatori leghisti concordiamo che occorreriaprire tutte le attività e ritornare alla normalità”.

10 marzo: “Fermare tutto”

Nuova retromarcia di Salvini. Con l’Italia piegata da un numero impressionante di contagiati e di vittime e Salvini è costretto a cambiare registro. “Fermiamo tutto per i giorni necessari. Mettiamo in sicurezza la salute di tutta Italia. Chiudere prima che sia tardi”. E poi, il giorno seguente, l’11 marzo, alza il tiro: “Chiudere tutta l’Europa. Tutto il continente – ha sostenuto Salvini – deve diventare zona rossa, per evitare guerre commerciali. Prima si chiude Schengen, meglio è”.

26 marzo: “Riaprire tutto? Ho sbagliato”

Messo alle strette dalle trasmissione televisiva Piazzapulita su La7, Salvini è costretto ad ammettere l’errore sull’appello a riaprire. “Era evidentemente una valutazione scientificamente sbagliata”, dice, ma aggiunge: “Come era sbagliata quella del presidente del Consiglio che diceva che era tutto sotto controllo”.


4 aprile: “Riaprire le chiese per Pasqua”

Ammettere l’errore non esclude una nuova giravolta. Con la Pasqua alle porte cosa fare con le messe e i riti nelle chiese? Salvini torna sul tema dello spalancare le porte, questa volta ai fedeli. Ospite in una trasmissione di SkyTg24 dice la sua: “Aprire le chiese ai fedeli, magari con ingressi contingentati”. E spiega meglio: “Il mio è un appello a poter permettere a chi crede di andare a messa. Si può andare dal tabaccaio, allora perchè non si può curare l’anima. Si può entrare contingentati al supermercato e allora perché no in chiesa?”. Ma la sua proposta resterà isolata. Respinta sia dagli alleati del centrodestra che dalla Chiesa.

14 aprile: “Chi può riapra il prima possibile”

Dopo il sì alle riaperture e poi il no, Salvini il 14 aprile passa al “ni”. Aprire tutto, dal 4 maggio, sarebbe rischioso. Quindi, la ricetta per la fase 2 secondo l’esponente del Carroccio sarebbe: “Riaprire in sicurezza chi può il prima possibile perché stare chiusi altre settimane e mesi porterà al disastro economico”.

16 aprile: “Riaprire la Lombardia”

L’ultimo slalom di Salvini sulla ripartenza ha la data di oggi. Basta distanziamento sociale, stop allo stare a casa, adesso per l’Italia, sostiene il leghista, c’è bisogno di una accelerazione verso la normalità. Quindi, anche regioni tra le più colpite dalla pandemia, come la Lombardia, dal 4 maggio dovranno registrare la svolta. “Chiedere la riapertura da parte della Lombardia – ha dichiarato sostenendo le richieste del governatore Attilio Fontana – è un grande segnale di concretezza e di speranza, spero che il governo ne tenga conto”. Il governo, il bersaglio di sempre.

Coronavirus, Salvini contro procura e governo: “Sbagliato mandare ora ispettori negli ospedali”. E chiede la riapertura della Lombardia

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