Un pacchetto di regole semplici e uguali per tutti

Era il 5 aprile quando Silvio Brusaferro, presidente dell’Istituto superiore di Sanità, accendeva la speranza ipotizzando l’avvio della fase due: dall’emergenza, alla convivenza con il virus. Ed era il 10 aprile quando il premier Giuseppe Conte, nell’ultima diretta tv, annunciava l’insediamento di un «comitato di esperti in materia economica e sociale», con il compito di elaborare proposte per una ripartenza graduale della vita degli italiani: parliamo della task force presieduta da Vittorio Colao, composta da 17 persone e chiamata a coordinarsi con il Comitato tecnico scientifico, che dall’inizio dell’emergenza ispira le scelte del governo. E mentre Palazzo Chigi avviava la cabina di regia con Regioni e Comuni proposta dal Pd, l’Europa avviava la fase due.

Il gioco dei confronti con Madrid, Parigi o Berlino non serve e non aiuta, ma gettare lo sguardo al di là delle Alpi è necessario dal momento che il nostro Paese appare in preoccupante ritardo rispetto al desiderio di milioni di italiani di riaprire porte e cancelli, pur con la dovuta prudenza. «Niente sarà più come prima», è il leitmotiv che ha scandito la nostra quarantena. Ma come sarà, il dopo? È urgente diradare questa nebbia, anche per non pregiudicare quei risultati che – a torto o a ragione – il governo Conte ha tante volte rivendicato. Ci sarà tempo per discutere della tempistica delle misure restrittive e di cosa poteva essere fatto meglio, ma bisogna pur dire che nel suo complesso il Servizio sanitario nazionale ha evitato il tracollo nelle aree più devastate e il Sud non è stato aggredito dalla furia del virus.

Il problema adesso è che la via italiana alla ricostruzione ancora non si vede, anche perché avvolta da una impressionante proliferazione normativa. Il sindaco di Firenze Dario Nardella ha calcolato che in tre giorni, dal 13 aprile, sono state emesse 367 ordinanze regionali. Un caos in cui il governo dovrà al più presto mettere ordine per scongiurare che gli italiani, la cui grandissima parte ha mostrato un lodevole autocontrollo, cambino in massa stato d’animo.

Da qui al 4 maggio, giorno in cui la stretta sarà allentata e i cancelli delle imprese torneranno ad aprirsi, ci sono due settimane piene. Un tempo prezioso se usato bene, mettendo ordine nella catena decisionale e dando agli italiani regole condivise e, ove possibile, uguali per tutti. Possono cambiare le date di riapertura, ma non i principi. Gli anziani devono sapere, sia pure a grandi linee, fino a quando dovranno stare rinchiusi, o se potranno uscire per fare la spesa in fasce orarie dedicate e protette. I bambini e gli adolescenti devono sapere se a settembre torneranno a scuola. E quando e come potranno vedere i loro amici, fare una passeggiata, riacquistare almeno un po’ di normalità.

Insomma, un pacchetto di norme base su cinque, sei capitoli fondamentali come ad esempio i giovani, le persone più fragili, l’istruzione, le aziende, il commercio (negozi, bar, ristoranti) e la cultura. Norme semplici e chiare per illuminare questi giorni di attesa, offrire un orizzonte e alleggerire l’ansia del futuro. Tracciare una road map è possibile e doveroso. La programmazione della fase due stenta a partire e il fai-da-te dei territori non fa onore agli sforzi degli italiani.

CORRIERE.IT

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