Mes, il direttore Regling: «Prestito? Per l’Italia non sarà un’altra Grecia. Coronabond, serve tempo»
di Federico Fubini
La voce di Klaus Regling dal suo appartamento arriva coperta da urla di bambini. Figlio di un carpentiere di Lubecca, dopo una carriera nel ministero delle Finanze tedesco alla Commissione e anche in uno hedge fund di Londra, a quasi 70 anni Regling avrebbe titolo per godersi i nipoti. Invece è direttore generale del Meccanismo europeo di stabilità (Mes), il fondo di salvataggio più capitalizzato al mondo.
L’Eurogruppo prevede che il Mes estenda prestiti ai Paesi colpiti da Covid-19 sulla base di «termini standardizzati». Che significa?
«C’è un nuovo approccio che stiamo prendendo con il Mes. Offriamo uno strumento, una linea di credito a tutti gli Stati dell’area euro. Il fatto che sia disponibile per tutti i Paesi con ”termini standardizzati concordati in precedenza” — come dice l’Eurogruppo — è una differenza rispetto a quanto avvenuto una decina di anni fa. Allora i programmi per Grecia, Irlanda o Portogallo dovettero essere molto diversi l’uno dall’altro perché i problemi erano diversi. Le istituzioni europee dovettero negoziare una condizionalità dettagliata, diversa da Paese a Paese. Stavolta non sarà così».
Eurogruppo, perché è un accordo «ambiguo» (e perché tutti possono dire di aver vinto)
di Federico Fubini
In cosa si distingue il Pandemic Crisis Support di oggi?
«Siamo
in un mondo diverso, stiamo cercando di gestire uno choc comune. Ogni
Paese è di fronte allo stesso choc e proprio per questo l’Eurogruppo ha
reso chiaro che ci sarebbero termini standard per il prestito, non da
negoziare Paese per Paese».
Con il prestito Mes di nuovo modello si
possono coprire i costi “diretti e indiretti” della pandemia, dice
l’Eurogruppo. Ma come definirli?
«È così, la dichiarazione
dell’Eurogruppo dice che la sola condizione è di coprire i costi diretti
e indiretti di sanità, cura, prevenzione. In primo luogo questo
significa dottori e infermieri in più, nuovi ospedali, materiale
medicale. Poi ci sono i costi indiretti dell’epidemia e vanno molto oltre il semplice acquisto dei materiali.
Ciò che conta è che i Paesi che chiedono questa linea di credito
possano essere rimborsati per somme pari al 2% del loro prodotto lordo
(Pil) per questi costi diretti e indiretti».
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