Conte frena le Regioni, l’idea è di tenere chiuse Lombardia e Piemonte
Dopodiché Chigi precisa che con tecnici ed esperti in campo economico e sociale che fanno parte dei vari comitati , il premier ha lavorato a un «programma nazionale che possa consentire una ripresa di buona parte delle attività produttive in condizioni di massima sicurezza». Un programma, viene precisato, che «integri una gestione coordinata delle attività industriali, della logistica, dei trasporti e che tenga sotto controllo la curva epidemiologica nella prospettiva di un controllo della sua risalita». La priorità è che non si torni al sovraccarico delle strutture ospedaliere. Fonti del governo precisano che le Regioni hanno convenuto sulla opportunità di avere «linee guida nazionali in modo da gestire in modo uniforme questa ripresa delle attività economiche».
Si vedrà se questa frenata verrà accettata veramente viste le intenzioni del governo sulla modulazione territoriale. Infatti per la riapertura del 4 maggio non è valido un criterio per tutto il territorio e nemmeno per macroregioni. Saranno prese in considerazioni le singole realtà regionali. Maggiori aperture per quelle Regioni che hanno una bassissima percentuali di contagi e decessi come Molise e Basilicata, ma anche Sicilia, Calabria e Puglia.
Un allentamento minore ci sarà invece in Piemonte, Lombardia, in un pezzo Emilia-Romagna (province di Piacenza, Rimini e Ravenna) e Marche (Pesaro) e la parte occidente del Veneto. A questo criterio territoriale viene aggiunto quello anagrafico: tenere il più possibile in casa le persone che hanno dai 65/70 anni garantendo loro dei servizi domiciliari. Insomma, per gli anziani la quarantena resta anche dopo il 4 maggio, con possibilità di uscire solo per fare la spesa.
Il terzo criterio riguarda la tipologia delle attività produttive e lavoratori, e qui ritorna l’elenco Inail. Chi può riaprire il 4 maggio? Possono riprendere le attività i settori produttivi indicati come a basso rischio. Cave e miniere, edilizia (per Bonaccini anche il 27 aprile per le attività esposte alla concorrenza internazionale), attività immobiliari, servizi di supporto alle imprese, commercio all’ingrosso e buona parte dell’industria manifatturiera, comprese quelle metallurgiche, automobilistica e dei mobili.
Ma Colao, accogliendo le indicazioni degli scienziati, sta preparando dei modelli di produzione a garanzia di sicurezza che prevedono anche turni di lavoro più brevi ma a copertura di un arco temporale più esteso. Insomma non si andrà tutti a lavoro tra le 7.30 e le 8.30 per uscirne sempre tutti insieme dopo otto ore, ma ci daranno turni che inizieranno magari quando è ancora è notte. E non è escluso che per consentire il famoso distanziamento si finisca per lavorare anche nei fine settimana. Anche perché in questo modo diluirebbe l’afflusso dei lavoratori sui mezzi di trasporto. Poi mascherine per tutti, mense sospese e misurazione della temperatura, in linea con il protocollo siglato da imprese e sindacati il 23 marzo.
No a bar e ristoranti: per ora di tirare su le serrande non se ne parla. In bilico invece l’apertura dei negozi, sempre con rigide norme di distanziamento, rispettando la regola «un cliente ogni 40 metri quadri». Se dovessero riaprire i negozi l’obbligo di quarantena e dell’autocertificazione si trasformerebbero in raccomandazioni. Più “insistite” per gli anziani.
LA STAMPA
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