Prestiti: chi è in difficoltà con il lavoro non pagherà rate per sei mesi
La sospensione, scrive Assofin, “comporterà un prolungamento del periodo di ammortamento corrispondente alla sospensione concordata. Al cliente non verranno addebitati oneri o costi relativi all’espletamento delle procedure necessarie per l’attivazione della sospensione”. Ma l’accordo comprende anche le cessioni del quinto di dipendenti pubblici a patto che l’ente pubblico accetti.
Attenzione, però, perché chi decide di sospendere l’intera rata, alla fine dei sei mesi dovrà pagare qualche euro in più. In pratica dovrà versare all’istituto di credito gli interessi sugli interessi non pagati. “Per questo il consiglio è quello di sospendere solo la quota capitale, che rappresenta la fetta più grande della rata mensile, continuando a pagare regolarmente poche decine di euro di interessi” spiega Stefano Cherti, responsabile banche e assicurazioni di Unione nazionale consumatori.
Chi potrà chiedere la moratoria. L’agevolazione è destinata a:
- Chi ha perso o perderà il lavoro subordinato dal 21 febbraio 2020 al 30 giugno 2020. Attenzione: sono fuori i licenziamenti per giusta causa, giustificato motivo soggettivo, risoluzioni consensuali o dimissioni;
- Chi ha perso un lavoro “atipico” (anche qui, restano fuori le dimissioni e il recesso datoriale per giusta causa);
- Chi si è visto ridurre o sospendere l’orario di lavoro per almeno 30 giorni (la cassa integrazione o altri ammortizzatori sociali);
- I professionisti che, in un trimestre successivo al 21 febbraio 2020, hanno registrato una perdita del fatturato superiore al 33% rispetto all’ultimo trimestre del 2019 a causa di chiusure o sospensioni dell’attività dovute alle restrizioni imposte per limitare il contagio da Coronavirus. La riduzione potrà essere autocertificata.
- Gli eredi delle persone che rientrano nelle quattro categorie, nel frattempo decedute, e che non avevano stipulato alcuna polizza da protezione del credito.
Chi ha saltato una o due rate potrà comunque accedere alla sospensione. L’importante è non trovarsi in una situazione talmente compromessa da essere classificata in “default” o “forborne”, vale a dire un finanziamento che, in seguito a un default, è stato rinegoziato.
“In assenza di un decreto del governo sono stati gli operatori del settore ad aver preso una decisione che era diventata assolutamente necessaria” continua Cherti. “La norma è stata pensata molto bene, penso ad esempio alla possibilità di accedere alla moratoria per gli eredi, ma soprattutto al trimestre di contrazione del fatturato: il Cura Italia prende in considerazione gennaio, febbraio e marzo, escludendo così moltissime partite Iva visto che per quasi due mesi hanno lavorato senza intoppi. Mentre Assofin il trimestre successivo al 21 febbraio, quando le attività hanno effettivamente cominciato a chiudere”
REP.IT
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