I ristoranti tagliano oltre la metà dei coperti, lo chef stellato Perbellini: “Manca il sostegno del governo, ma farò di tutto per salvare i lavoratori”
Dalla dichiarazione dello Stato d’emergenza sono passati tre mesi; dall’esplosione dei primi focolai ne sono trascorsi due. Eppure il governo continua a navigare a vista incapace di prendere qualsiasi decisione. “Non c’è una linea di condotta univoca, non c’è certezza. Si vive alla giornata” dice Giancarlo Perbellini chef veronese pluristellato che da fine febbraio ha abbassato le serrande di tutti i suoi locali riaprendo la pasticceria per la consegna di uova e colombe pasquali e la pizzeria solo con la formula delivery: “I numeri non permettono di stare in piedi, ma almeno riesco a far lavorare un paio di giorni a settimana i tre pizzaioli. Io inscatolo le pizze”. Due sere a settimana, invece, carica online una delle sue ricette preparate a casa: “E’ stata un’idea del sindaco di Verona, Federico Sboarina, un modo per stare vicino alla città. E’ una cosa divertente, io sono ai fornelli in cucina, mia moglie mi riprende. Ma non è come essere al ristorante”.
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L’emergenza coronavirus ha fatto proliferare il numero di task force di esperti con il risultato di aumentare la confusione tra chi parla di riaperture scaglionate e chi di piano nazionale. La scuola, per esempio, “è un tema che prenderemo in considerazione in un secondo momento”; come se l’educazione non fosse una questione centrale per un Paese serio e ignorando persino che immaginare una ripartenza senza scuola per molte famiglie è semplicemente impossibile.
Bar e ristoranti sono messi anche peggio, se possibile. Saranno gli ultimi a partire e nessuno sa in quali condizioni. “Sarà come aprire per la prima volta, dovremo andare a cercare i clienti e non sarà semplice” prosegue lo chef ancora in attesa di capire come dovrà attrezzarsi: “Ci sarà l’obbligo di servire con guanti e mascherine o solo con le mascherine e con una frequente igienizzazione delle mani? Dovremmo dotarci di plexiglas per separare i tavoli? Nessuno ancora lo sa, mentre è certo che mancherà tutto l’indotto del turismo. A Verona lavoriamo otto mesi con la clientela locale e tre soprattutto con gli stranieri. Anche a Milano c’è molto indotto. E ora verrà a mancare”.
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