“Vi scrivo da questo letto senza cuore, cari figli e nipoti”: l’ultimo saluto di un nonno ucciso dal coronavirus „
Le sue parole sono anche una riflessione cruda sulle Rsa e su come può essere trascorrere gli ultimi giorni in una struttura che non è casa, famiglia. Un messaggio “ai miei nipoti… e magari a tutti quelli del mondo”. L’uomo precisa: “Sono stato io a convincere i miei figli, i vostri genitori, per non dare fastidio a nessuno”. Certo, prosegue, “non potevo mai immaginare di finire in un luogo del genere. Apparentemente tutto pulito e in ordine, ci sono anche alcune persone educate, ma poi di fatto noi siamo solo dei numeri, per me è stato come entrare già in una cella frigorifera”.
L’uomo ripercorre la sua vita prima di morire, “il giorno della laurea e della prima arringa in tribunale. Quanti ‘grazie’ dovrei dire – osserva – un’infinità a mia moglie per avermi sopportato, a voi figli per avermi sempre perdonato, ai miei nipoti per il vostro amore incondizionato. Gli amici, pochi quelli veri, si possono veramente contare solo in una mano”. E poi torna al presente, ai momenti che restano. “Nella mia vita non ho mai voluto essere di peso a nessuno, quando ho visto di non essere più autonomo non potevo lasciarvi questo brutto ricordo di me, di un uomo del tutto inerme, incapace di svolgere qualunque funzione”.
“Vorrei che sappiate tutti che per me non dovrebbero esistere le case di riposo”
Ma adesso, guardandosi indietro, l’anziano non ha dubbi: “Vorrei che sappiate tutti che per me non dovrebbero esistere le case di riposo, le Rsa, e quindi, ora che sto morendo lo posso dire: mi sono pentito. Se potessi tornare indietro supplicherei mia figlia di farmi restare con voi fino all’ultimo respiro, almeno il dolore delle vostre lacrime unite alle mie avrebbero avuto più senso di quelle di un povero vecchio, qui dentro anonimo, isolato e trattato come un oggetto arrugginito”. “
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