Fabbriche e uffici, 2,7 milioni di italiani tornano al lavoro. Confindustria chiede 15 miliardi entro fine aprile

di PAOLO GRISERI

Sono 2,7 milioni i lavoratori italiani che oggi tornano nelle fabbriche e negli uffici. Un’avanguardia delle decine di milioni che dal 4 maggio torneranno sul luogo di lavoro. Molti ma non tutti. Una parte, soprattutto gli impiegati, continuerà infatti a produrre da casa. Nei giorni scorsi i primi ad aprire erano stati gli stabilimenti del Friuli: la Fincantieri di Monfalcone e la Electrolux di Porcia. In altre aree del Paese invece i prefetti non avevano concesso la deroga al blocco della produzione.

Questa mattina lo stabilimento più grande che riprende l’attività è la Sevel di Atessa, la fabbrica del gruppo Fca che realizza i furgoni. Sulle linee del Ducato lavorano oggi 6.000 persone. Il loro rientro sarà dunque un banco di prova interessante e servirà a verificare il funzionamento del protocollo per il distanziamento sociale messo a punto dal gruppo insieme ai sindacati. Oltre ad Atessa riapriranno molto parzialmente i cancelli Mirafiori e Melfi. Ma in queste fabbriche verranno coinvolte poche centinaia di dipendenti per produzioni limitate.

Oltre al rispetto del distanziamento sociale c’è un secondo problema da risolvere in fretta, quello della filiera produttiva. Senza quello che un tempo si chiamava l’indotto, l’esercito di piccole aziende che fornisce parti e servizi agli stabilimenti di assemblaggio finale, nessun settore manifatturiero è ormai in grado di reggere. “Un tema cruciale – dice Carlo Robiglio, vicepresidente di Confindustria e presidente di Piccola Industria – è quello della liquidità. Senza flussi di cassa non si riescono a pagare le rate degli investimenti, gli stipendi ai dipendenti. E se non si sblocca la catena, non riusciamo a far ripartire il sistema”.

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