Coronavirus, la crisi cancellerà mezzo milione di posti: in cassa integrazione un dipendente su due
Metà dipendenti in cig
Il numero di lavoratori per i quali le aziende hanno chiesto la cassa integrazione è senza precedenti: finora 7,3 milioni, ai quali andranno aggiunti quelli interessati alla cassa in deroga (possibile anche per le aziende con un solo dipendente), dove i dati affluiscono con ritardo dalle Regioni all’Inps. In pratica la cassa integrazione è già stata chiesta per un lavoratore dipendente su due. Secondo il Cura Italia potrà durare al massimo 9 settimane, ma altre 9 verranno concesse con il decreto legge che il governo promette di approvare in settimana. Finire in cassa integrazione mantiene temporaneamente il posto di lavoro, nella speranza di tornare in azienda il prima possibile, ma intanto si subisce un calo del reddito perché la cig copre l’80% della retribuzione ma fino a determinati tetti. I Consulenti del lavoro hanno calcolato che un dipendente con una retribuzione di 1.324 euro netti perde 472 euro e prende così non più di 851 euro, a meno che non ci siano integrazioni della sua azienda. Il taglio sale in media a 646 euro al mese per le professioni tecniche e a 764 per quelle intellettuali e specialistiche. Ai dipendenti in cassa si aggiungono i 4,3 milioni di autonomi, professionisti, cococo, stagionali dell’agricoltura e dello spettacolo che hanno chiesto il bonus da 600 euro (a 3,4 milioni è stato pagato). In tutto, sono più di 11 milioni e mezzo i dipendenti e gli indipendenti che hanno chiesto un sostegno al reddito.
Rischi e opportunità
I settori più a rischio sono turismo, ristorazione, ferrovie, voli. In altri potrebbero crearsi opportunità, probabilmente temporanee (consegne e logistica, pulizie e sanificazioni, produzione dpi). Come quelle annunciate da E-work (somministrazione di lavoro), che ricerca «mille addetti al controllo accessi» per aziende. Si occuperanno appunto di «controllo accessi, gestione code e misurazione della temperatura», con contratti «a tempo determinato, con possibilità di proroghe». Intanto, la regione Veneto, che ha fatto una indagine ad hoc, ha scoperto che tra il 23 febbraio e il 19 aprile sono andati persi 48-50 mila posti di lavoro. E rispetto allo stesso periodo del 2019 le assunzioni sono crollate da 106mila a 42mila.
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