Coronavirus, App Immuni: ecco come funziona (e i dubbi che restano). La corsa per essere pronti il 18 maggio
Epa
Pezzo dopo pezzo, l’applicazione italiana di tracciamento dei contatti che dovrà provare a contribuire al contenimento del virus nella fase 2 inizia a prendere forma.
I tempi
I tempi sono il primo punto da affrontare e sono legati più ad Apple e Google che al decreto sulla parziale riapertura dal 4 maggio: ieri i due colossi californiani hanno dato agli sviluppatori indicati dai governi, compresi gli italiani di Bending Spoons, la prima versione delle Api (interfacce di programmazione) su cui si baseranno le applicazioni nazionali che hanno aderito alla loro iniziativa. La versione definitiva e gli aggiornamenti necessari sono attesi per il 15 maggio, data che dovrebbe coincidere con l’ultimo passaggio del Garante per la privacy e con il conseguente inzio delle sperimentazioni dell’app di due settimane in due o tre Regioni. L’obiettivo del ministero dell’Innovazione è di essere pronti a livello nazionale già per il 18 maggio, ma c’è un iter da compiere.
Il nome
Sul tavolo c’è anche il nome: il dicastero di Paola Pisano ha affidato a Paolo Iabichino, ex direttore creativo esecutivo di Ogilvy Italia e fondatore dell’osservatorio Civic Brands, la selezione di un’alternativa a «Immuni», che mal rappresenterebbe la missione di avvisare chi è stato a contatto con un infetto. Ecco un altro punto importante: quantomeno in una prima fase, l’unico compito che dovrà svolgere l’app sarà quello del tracciamento dei contatti. Sappiamo ormai da giorni che il download sarà volontario — ieri la ministra Pisano ha detto che si può puntare a un’adesione del 25-30% — e che l’app userà il bluetooth e non raccoglierà i dati sulla posizione.
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