Passaggi delicati
Certo, esistono attenuanti. L’incontro con le Regioni era appena terminato, e mancava il tempo di preparare un messaggio strutturato. Ma se là fuori ci sono sessanta milioni di persone che aspettano indicazioni, bisogna essere chiari, concisi, convincenti (tre «c»). Giuseppe Conte – dispiace dirlo – domenica sera è stato invece vago, vacillante e un po’ verboso (tre «v»). Questo non riduce i suoi meriti: ma è un errore da non rifare.
Ci aspettavamo che il premier facesse il punto – brevemente – sui tamponi, sui test e sulla app per tracciare i contatti (a che punto sono?). E poi affrontasse gli argomenti uno per uno, in maniera sintetica (rimandando al decreto per i particolari). Nell’ordine: chi apre e quando; chi deve aspettare e perché; le novità per i bambini; la decisione sulla scuola; le novità in materia di sport e attività motoria; gli spostamenti consentiti, ovvero: chi può andare dove.
Non è importante tornare qui sul caos provocato dal vocabolo «congiunti» (anche se è bizzarro che un giurista, qual è Conte, non abbia subito pensato che il Codice Civile parla solo di «parenti» e «affini»). È importante, invece, ricordare un principio: chi comanda ha il dovere di essere comprensibile. La stessa regola vale per la lettura e la scrittura. Se chi ascolta o chi legge non capisce, la colpa è sempre di chi parla e di chi scrive.
La pandemia è un fenomeno immenso, imprevisto e imprevedibile, nessuno sa quando ne usciremo. Si va per tentativi. E molti tentativi delle autorità italiane (nazionali, locali, sanitarie, tecniche) si sono rivelati sensati, e hanno evitato che una tragedia diventasse una catastrofe. Ma alla grande complessità oggettiva non bisogna aggiungere la piccola complessità soggettiva. Un capo di governo ha il dovere di sintetizzare, informare, spiegare, rassicurare. Lo ha fatto Angela Merkel, recentemente; lo ha fatto il presidente Macron. L’incomprensione è un lusso che non possiamo permetterci.
Il premier Conte si è rivelato una figura rassicurante: il suo gradimento nei sondaggi lo dimostra. Per un uomo arrivato da poco alla politica e al governo è un risultato lusinghiero (pensate ai pasticci che sta combinando un altro governante inesperto alla Casa Bianca). Ma l’Italia è attesa, adesso, da un passaggio delicatissimo. Da lunedì 4 maggio il sollievo potrebbe diventare euforia, ed euforia fa rima con pandemia.
La cautela appare, perciò, sensata. Ma non basta: è arrivato il tempo delle decisioni, ogni categoria le aspetta. E queste decisioni – qualunque siano – vanno spiegate con calma, con convinzione, con tempismo e con precisione. Non vanno annunciate in un cortile e in un cantiere, o affastellate in un messaggio improvvisato alla nazione. Delle due, l’una: nessuno consiglia Giuseppe Conte in materia di comunicazione; oppure il capo di governo non ascolta i consigli che gli vengono forniti. In un caso e nell’altro, si può rimediare: non è troppo tardi.
Qual è il pericolo, infatti? Che gli italiani, sobillati da alcune forze politiche, perdano la pazienza. Finora, diciamolo, ne abbiamo avuta molta. E il mondo, per questo, ci ammira.
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