Distanza, igiene, pic-nic all’aperto: la montagna (dimenticata dal governo) si organizza per ripartire dopo il lockdown
Ragion per cui oggi il presidente del CAI Vincenzo Torti ha chiesto ufficialmente con una lettera al premier Conte «chiarimenti urgenti per una corretta applicazione del Dpcm presentato il 26 aprile scorso e che darà inizio tra pochi giorni alla cosiddetta Fase 2». I rifugi apriranno? E se sì, con quali modalità? Ci sarà un numero chiuso o restrizione di presenze? Serviranno guanti e mascherine? Come saranno organizzati tavoli e camerate? Ma soprattutto: alpinismo ed escursionismo sono da considerare attività ludico-ricreative (proibite per decreto) oppure sportivo-motorie (consentite)? E in questo secondo caso: i relativi trasferimenti in ambito regionale sono permessi?
Tutte domande ancora senza risposta da parte del governo. E sì che – impiantisti a parte, che con l’epidemia già scoppiata nelle città, a inizio marzo invitavano ancora i turisti ad andare a sciare – le comunità montane hanno gestito l’emergenza coronavirus con grande senso di responsabilità. In diversi casi hanno interrotto le attività prima delle ordinanze, organizzando servizi di prossimità e scongiurando le occasioni di contagio. Ma il loro grido sui rischi per il turismo alpino non è stato ascoltato, a differenza di quello di altre categorie più popolari. Fase 2, cosa è consentito: le riaperture dal 4 maggio e le prossime tappe spiegate in 3 minuti
Le montagne sanno aspettare, è vero. Ma troppa attesa rischia di paralizzare il settore. In attesa di una regolamentazione chiara, nel frattempo gli operatori si stanno organizzando in autonomia per pensare alla ripartenza dopo il lockdown, com’è nello spirito della gente di montagna. Sarà probabilmente una montagna diversa quella che vivremo quest’estate. Molte le idee sul piatto per rispettare le esigenze di distanziamento e scongiurare gli assembramenti: colazioni in camera oppure in sala comune ma con meno persone alla volta, buffet “protetti” o serviti dai camerieri, self-service all’aperto anziché i pranzi in baita, tende da campeggio allestite nei dintorni dei rifugi, aggiunta di bagni chimici, set di biancheria usa e getta, distanza di sicurezza sui sentieri, incentivo alle attività outdoor in solitaria, riscoperta di borghi e luoghi più autentici.
Ad Alagna, la società Rifugi Monterosa gestisce quattro importanti strutture, tra cui la Capanna Regina Margherita sulla punta Gnifetti, il rifugio più alto d’Europa (4554 metri). I gestori hanno iniziato a ripensare la prossima stagione estiva per garantire un’accoglienza il più possibile in sicurezza a escursionisti e alpinisti, come hanno raccontato al sito Montagna.tv: «Useremo questo mese, importantissimo, per prepararci alla stagione estiva e alle altre riaperture. Mascherine, guanti, aree per la distribuzione di gel disinfettante, termometri digitali, saturimetri e igienizzazione continua degli ambienti saranno la base nei nostri rifugi».
In Trentino-Alto Adige si lavora alacremente ma senza “ospedalizzare la vacanza”, come racconta Gianni Battaiola, presidente dell’Associazione albergatori e Imprese turistiche del Trentino, aderente a Federalberghi: «Diamo modo a tutti gli operatori di dotare le loro strutture di dispositivi per il distanziamento e la protezione meno invasivi possibile. Stiamo pensando a come far sentire tranquilli i clienti anche con telecamere per mostrare in tempo reale come le nostre cameriere stanno sanificando le camere e come gli chef preparano le pietanze in sicurezza». Quanto dura una pandemia? Ecco il confronto con quelle del passato
Anche nella veneta Cortina ci si prepara a un’estate a misura di Covid-19. «Abbiamo sanificato tutte le strutture, i nostri addetti avranno divise apposite e ogni cliente potrà stare certo di entrare in una camera igienizzata poco prima del suo arrivo – ha rassicurato la presidente dell’Associazione albergatori di Cortina, Roberta Alverà –. E poi stiamo predisponendo orari più lunghi per le colazioni per evitare gli assembramenti, pranzi all’aperto dove è possibile. Anche i nostri rifugi, che non hanno tanto posto all’interno, stanno pensando di preparare cestini take away anziché far mangiare i clienti all’interno. Insomma sarà tutto più slow ma ugualmente bello e rilassante».
Più delicata la situazione delle funivie, infrastrutture essenziali così come i rifugi per l’economia di montagna e il turismo in quota: «Stiamo pensando a gel disinfettanti, mascherine e guanti per tutti gli addetti – ha dichiarato la presidente Anef, Valeria Ghezzi –. E poi impianti a velocità massima per accelerare il tragitto, cabine con finestrini aperti, flussi e uscite separate, percorsi dedicati per scongiurare code e assembramenti».
Nonostante la serrata dell’economia a causa del coronavirus, il comprensorio Dolomiti Superski ha continuato a lavorare dietro le quinte in vista della stagione estiva. L’ostacolo maggiore, per gli impiantisti così come per albergatori e rifugisti, è l’insicurezza in merito alla ripresa. «L’estate nelle Dolomiti si chiama SuperSummer e prevede l’apertura di 100 impianti di risalita che danno un contributo sostenibile alla mobilità nelle 12 valli dolomitiche, portando le persone in quota senza dover fruire del traffico motorizzato», hanno dichiarato il presidente Sandro Lazzari e il direttore marketing Marco Pappalardo. Coronavirus, la curva che mostra a che punto è l’epidemia in Italia
E hanno aggiunto: «Ci stiamo impegnando affinché tutto possa funzionare. Assieme alle organizzazioni turistiche locali stiamo lavorando per rendere fruibile la vasta offerta della Dolomiti Bike Galaxy e della Hike Galaxy, fatta di tracciati dedicati alle mountain-bike e di innumerevoli sentieri escursionistici che permettono di godersi appieno l’ambiente naturale delle Dolomiti».
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