Fase 2: quando e come scatta l’allerta a Milano e in Veneto

di Milena Gabanelli, Andrea Pasqualetto e Simona Ravizza

La ripartenza di Milano è il test per la «Fase 2» sull’Italia. Tutti abbiamo capito che, se la drammatica emergenza vissuta nella regione più colpita dal Covid-19 travolgesse davvero la città metropolitana con i suoi oltre 3 milioni di abitanti (cosa finora non avvenuta), le ripercussioni anche economiche potrebbero investire l’intero Paese. È il motivo per cui nella capitale lombarda, più che altrove, nulla da oggi può andare storto. Dataroom è in grado di anticipare gli scenari su cui sta ragionando la task force regionale per monitorare l’evoluzione dell’epidemia e decidere come procedere con le graduali riaperture o, nella peggiore delle ipotesi, ribloccare tutto. La stessa previsione la stanno facendo in Veneto, altro cuore pulsante dell’economia italiana.

I numeri della ripartenza

La mattina del 4 maggio a Milano si rimettono in moto 104 mila attività imprenditoriali e commerciali che fanno tornare in circolazione 339 mila lavoratori. Si aggiungono a quei 1,2 milioni che non si sono mai fermati, perché alle dipendenze di 180 mila aziende rimaste attive per fornire servizi essenziali. Complessivamente le imprese che gravitano sulla città metropolitana sono 306.500. Dunque il livello aperture complessivo sale a oltre il 90%. Poi ci sono i dipendenti degli uffici pubblici che tornano al lavoro e gli spostamenti personali. Le stime di Regione Lombardia, che prendono in considerazione anche i dati della piattaforma Open Innovation, fissano la quota di smart working intorno al 30%. Ci si aspetta che il 20% utilizzi il trasporto pubblico, mentre l’80% mezzi propri.

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