Plasma per curare il coronavirus: entusiasmi e polemiche. «Ma non abbiamo ancora evidenze»
Come funziona la tecnica? Il plasma (parte liquida del sangue) prelevato da persone guarite viene purificato e poi somministrato a pazienti con Covid. L’obiettivo è trasferire gli anticorpi specifici a chi ha l’infezione in atto per sostenerne la risposta immunitaria. Prima di questo passaggio sono necessari dei test di laboratorio per quantificare i livelli di anticorpi in grado di combattere efficacemente il coronavirus. Non solo: le procedure sono volte a garantire la massima sicurezza per il ricevente. Gli anticorpi sono proteine prodotte dai linfociti B: quelli cosiddetti «neutralizzanti» hanno il potere di legarsi all’agente patogeno, rendendolo inoffensivo. Ma esistono anche altri tipi di anticorpi, che possono essere inutili o addirittura dannosi per l’organismo.
«Quella del plasma è una risorsa terapeutica nota da oltre 50 anni — ha spiegato Pierluigi Viale, direttore dell’Unità di Malattie infettive al Policlinico Sant’Orsola di Bologna —, ma sarebbe necessario mettere in atto uno studio prospettico randomizzato e soprattutto verificarne l’efficacia in fase più precoce di malattia e in assenza di co-trattamenti». Non solo. Isolare anticorpi dai guariti non è semplice né economico, al contrario di quel che si potrebbe pensare. «La terapia al plasma è interessante e importante, un approccio molto sofisticato. Bisogna saperlo fare e avere grandi tecnologie — ha precisato Walter Ricciardi, consigliere del ministro della Salute Roberto Speranza —. Consente di traferire gli anticorpi naturali da un soggetto a un altro: è una cosa difficile, costosa e complessa. Se questi anticorpi naturali funzionano, la sfida è produrli artificialmente e in larga scala, altrimenti si potrebbero proteggere e curare solo poche persone».
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