Vedere il pericolo, ridarsi un ideale

Ma nel discorso di Schuman tutto quanto è alto e nobile passa decisamente in secondo piano. La percezione del pericolo e la base ideale sono due impliciti nel 1950. Ora tocca fare qualcosa di concreto, parlare di merci, di scambi, di denaro. In questo senso quel discorso non ha più un’attualità.

L’Europa di oggi è l’opposto. Si fanno cose concrete, discusse e discutibili, ma concrete, e però in drammatica assenza di percezione del pericolo e di base ideale. Il pericolo non è soltanto il coronavirus, la cui portata, comunque, è sempre misurata secondo i confini, quanto incide qui, quanto in Spagna, quanto in Belgio, quanto conviene questo a me e quanto a te. Il pericolo, evidentemente comune, è la catastrofe economica, e dentro un contesto mica da ridere: c’è una minaccia ambientale, soprattutto un progresso tecnologico con risvolti minacciosi, perché ha reso un ferrovecchio ogni nostra politica del lavoro, ogni nostra regola di commercio internazionale, perché ci impone di trovare soluzioni per governare l’immigrazione e il precariato, di reinventare il sindacato, perché è invasivo, incombe sulla privatezza – un caposaldo della libertà – e facilita il controllo di quello che pensiamo, facciamo, organizziamo. Sono enormità affrontate con la mano sinistra, purtroppo. E tutto si inserisce in una questione geopolitica smisurata, e cioè chi siamo, con chi stiamo, come ci muoviamo nell’avvio di guerra fredda fra Stati Uniti e Cina, cioè fra il caposaldo delle democrazie liberali (nonostante Trump) e la grande dittatura post-comunista.

Bisognerebbe ripartire, esplicitamente, dagli impliciti di Schuman: la percezione del pericolo e la base ideale. Il pericolo non è soltanto l’impoverimento a causa dell’epidemia e del nuovo mondo tecnologico, ma è di reagire all’impoverimento cedendo sulle nostre troppo trascurate basi ideali: l’Europa è democratica, liberale, fondata sullo stato di diritto, sull’inviolabile unicità dell’essere umano, nemica di ogni autoritarismo. E’ per questo che stiamo insieme, e teniamo alle porte dittature e democrature. E non sarebbe male se lo scrivessimo in una Costituzione. 

L’HUFFPOST

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