Coronavirus, Conte: «Ci attendono mesi molto difficili ma l’estate non sarà in quarantena»

Restituirà ai governatori i pieni poteri decisionali sulla fase 2?
«Con le linee guida che ci permetteranno un controllo della curva epidemiologica, potremo permetterci anche differenziazioni geografiche. Questo non significa procedere in ordine sparso e affidarci a iniziative avventate. I risultati raggiunti sono anche il frutto del dialogo quotidiano avuto con i rappresentanti degli enti locali, grazie anche al lavoro del ministro Boccia».

Gli italiani si chiedono quando potranno varcare i confini regionali, tornare nelle seconde case e programmare le vacanze. Possiamo fare un po’ di chiarezza?
«Quest’estate non staremo al balcone e la bellezza dell’Italia non rimarrà in quarantena. Potremo andare al mare, in montagna, godere delle nostre città. E sarebbe bello che gli italiani trascorressero le ferie in Italia, anche se lo faremo in modo diverso, con regole e cautele. Attendiamo l’evoluzione del quadro epidemiologico per fornire indicazioni precise su date e programmazione».

Perché siamo ancora così indietro su app, test e tamponi?
«Stiamo lavorando giorno e notte per rafforzare le attività di monitoraggio, contact tracing e tele-assistenza, in una più ampia strategia integrata che prevede potenziamento degli ospedali, delle terapie intensive e della medicina del territorio. Aspettiamo di vedere il funzionamento dell’app, ma invito a considerare che potremmo essere tra i primi al mondo ad avere sviluppato un sistema pubblico con tutte le garanzie».

Come ripartiranno le scuole a settembre? Perché nelle Regioni meno colpite dal virus gli studenti non possono tornare a scuola normalmente?
«Il rientro deve essere gestito in modo unitario su tutto il territorio nazionale. Stiamo lavorando con la ministra Azzolina a un ventaglio di soluzioni così che a tutti i nostri studenti venga assicurato il rientro in classe a settembre in condizioni di sicurezza».

Conferma che dal 18 maggio e non più l’1 giugno riapriranno bar, ristoranti, parrucchieri?
«Stiamo raccogliendo i dati dell’ultimo monitoraggio e con gli esperti stiamo definendo regole chiare sulla sicurezza per lavoratori e clienti. Se sul piano epidemiologico la situazione rimarrà sotto controllo, potremo concordare con le Regioni alcune anticipazioni. L’importante è procedere sulla base di monitoraggi puntuali, perché per le imprudenze pagheremmo costi enormi».

Il 18 scade il Dpcm, strumento contestato anche dal Pd. Il prossimo provvedimento passerà prima al vaglio del Parlamento?
«Nella fase 1 non c’è stata alcuna possibilità di un passaggio preventivo dal Parlamento, considerata l’estrema urgenza di intervenire per salvare le vite. In questa fase avremo maggiore agio di coinvolgere il Parlamento».

Di certo potevano esserci molte più vittime senza lockdown, ma i 30 mila morti dicono che molte cose non hanno funzionato. Dalla tempistica delle zone rosse alle forniture di mascherine, c’è un errore che non rifarebbe?
«Le vittime del coronavirus sono una ferita che ci porteremo dietro per sempre, purtroppo, come tanti altri Paesi. Abbiamo sempre agito in scienza e coscienza, ponderando tutte le decisioni. Non saprei dire una scelta che non rifarei».

Il suo può essere il governo che ricostruisce il Paese, con questo alto tasso di litigiosità interna e con Renzi che, secondo molti osservatori, vuole logorarla?
«Italia Viva pone delle questioni, a volte, con particolare vivacità. Ma sono convinto che da questo confronto ripartiremo più forti e coesi. Io sono qui per tirare il Paese fuori dalle sabbie mobili di un’emergenza senza precedenti. Lavoro per l’Italia, non per me stesso».

E quando sente fare il nome di Mario Draghi per un «governissimo» cosa pensa?
«Non so quante volte si sarà sentito strattonato. Chi davvero ha per lui la stima che pure professa di avere, farebbe bene a non sciupare il suo nome nel teatrino dei giochi politici quotidiani».

Bonafede è stretto tra il caso Di Matteo e la scarcerazione dei boss. Dovrebbe lasciare, anche per togliere a Italia Viva la tentazione di votare la mozione di sfiducia del centrodestra?
«Mi amareggiano alcune illazioni che si alimentano su questa vicenda. Parliamo del ministro che con il provvedimento sulla corruzione ha sbarrato la porta delle istituzioni agli appetiti criminali. Continuerà a farlo, a testa alta, con il contributo di tutte le forze di maggioranza sui temi della giustizia».

Una parte del M5S ha nostalgia delle politiche di Salvini?
«Regolarizzare per un periodo determinato immigrati che già lavorano sul nostro territorio significa spuntare le armi al caporalato e agli schiavisti del nostro tempo, contrastare il lavoro nero, effettuare controlli sanitari e proteggere la loro e la nostra salute, tanto più in fase di emergenza sanitaria».

Chiedere alla Cina di accettare un’inchiesta sul Covid 19 equivale a rimarcare le propria posizione geopolitica. Cosa farà l’Italia?
«Arriverà il momento in cui dovremo interrogarci sulle responsabilità. Credo però che questo sia il momento in cui privilegiare la collaborazione tra Stati per sconfiggere il virus. Non è il momento delle divisioni».

L’Italia non chiede i 36 miliardi del Mes per le spese sanitarie, solo per non scontentare il M5S?
«Stiamo in costante dialogo con la Commissione europea perché venga introdotto un “Recovery Fund” di notevoli dimensioni. Le risorse del Mes, della Bei, del Sure da sole sono insufficienti. Sulla nuova linea di credito del Mes sono arrivate parole chiare da parte dell’Eurogruppo. Ora attendiamo i regolamenti attuativi, poi valuteremo in Parlamento».

Esiste il rischio che il Recovery Fund arrivi troppo tardi?
«È necessario che le risorse siano anticipate attraverso un prestito ponte, un “frontloading” che le renda disponibili già nella seconda metà del 2020, per quei Paesi che maggiormente stanno risentendo della pandemia».

Il nostro debito potrebbe diventare insostenibile. Avete un piano B per finanziarci?
«Guardare alle criticità del nostro Paese è un atto di realismo, ma talvolta si rischia di essere “italoscettici”. La Commissione europea ha certificato che il debito italiano è sostenibile, la nostra posizione finanziaria sull’estero rimane solida, l’azione della Bce continua a garantire stabilità al mercato dei titoli di Stato».

Si annuncia una nuova stagione di partecipazioni statali?
«Non possiamo limitarci a fornire la garanzia di Stato per la liquidità alle imprese, ma dobbiamo pretendere che questa liquidità arrivi nelle casse delle imprese. Dobbiamo fornire contributi a fondo perduto per le imprese più piccole e assicurare agevolazioni sostanziose per la ricapitalizzazione di quelle piccole e medie. Per le più grandi si può pensare anche a interventi mirati per fornire equity, ma senza nessuna pretesa di interferire nella governance».

Le richieste di garanzia degli imprenditori sono al di sotto delle vostre previsioni. La potenza di fuoco di 400 miliardi di aiuti è lontana, correggerete gli errori?
«Abbiamo un’interlocuzione continua con il sistema bancario, per rimuovere eventuali passaggi che rallentino l’erogazione. Con il nuovo decreto-legge rafforzeremo il Fondo centrale di garanzia gestito dal Mediocredito centrale con 4 miliardi di euro e arriveranno 30 miliardi per l’attività di garanzia da parte di Sace».

I soldi alle imprese non arrivano e Confindustria vi ha attaccato criticando le vostre misure, definite assistenziali.
«Per le imprese abbiamo predisposto prestiti garantiti e risorse a fondo perduto. Sbloccheremo anche 12 miliardi di euro di debiti arretrati della Pubblica amministrazione per fornire ulteriore liquidità nel sistema. Vi sono altre agevolazioni per gli affitti e per il differimento dei tributi. Non è però questo il momento di operare una complessiva riforma del sistema fiscale».

Le banche stanno facendo tutto quello che è stato loro richiesto?
«Interverremo ancora per migliorare qualche passaggio, ma è chiaro che con la garanzia di Stato ci attendiamo una brusca accelerazione. Le banche devono fare la loro parte».

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