Coronavirus, l’incompiuta dei reagenti. Cinque milioni di kit «Sette giorni per trovarli»

Con l’aggravante che non c’è un reagente uguale in tutto il Paese e che il tipo di prodotto cambia non solo da regione a regione ma anche all’interno della singola regione da laboratorio a laboratorio. Un federalismo del reagente che complica le cose ancora di più. Anche per questo il commissario ha dichiarato la propria disponibilità a ricevere richieste di supporto per consentire l’aumento della produzione in Italia di kit e reagenti. I primi contatti ci sono già stati tra con le associazioni del settore, Federchimica e Farmindustria. E lo schema potrebbe essere lo stesso già scelto per le mascherine, pur con qualche polemica. Tra i grandi Paesi, comunque, l’Italia resta tra quelli con il più alto numero di tamponi rispetto alla popolazione: ne abbiamo fatti 4.244 ogni 100 mila abitanti, la Spagna 5.278, la Germania 3.289, gli Stati Uniti 2.730, la Gran Bretagna 2.682, la Francia 2.121.

Il caso Lombardia

In Lombardia si fanno in media 99 tamponi al giorno ogni 100 mila abitanti, secondo la ricerca della Fondazione Gimbe di Bologna sui dati dal 22 aprile al 6 maggio. Pur essendo la regione più colpita dal coronavirus non svetta in questa classifica, anzi: la media di tamponi è di molto inferiore a quella del Veneto che arriva a 166. Senza dimenticare la numerosità della popolazione (10 milioni di abitanti circa) e il fatto che da inizio epidemia sono stati processati 485 mila campioni, la difficoltà a reperire reagenti è un freno all’aumento di questo tipo di test. Il presidente lombardo Attilio Fontana (Lega) qualche giorno fa ha sottolineato di non aver ricevuto aiuti da Roma nella caccia ai kit. «Ci continuano a chiedere come mai la Lombardia faccia pochi test diagnostici — ha detto —, visto che il commissario Arcuri ha dichiarato di averci inviato un numero ingente di tamponi. La risposta è semplice: insieme ai bastoncini si è scordato di mandare i reagenti, e senza è impossibile processare gli esami». Il Pirellone a inizio epidemia ha acquistato 2 milioni di tamponi, mentre le forniture di kit di reagenti sono più limitate proprio per l’alta richiesta a livello mondiale. Nonostante questo, nel corso delle settimane sono cresciuti il numero di laboratori che analizzano i «cotton fioc» necessari a scovare chi è positivo al Covid-19 e parallelamente la quantità di tamponi processati. Si è passati dagli 8 mila ai circa 13 mila al giorno attuali (ma ieri, per esempio, ne sono stati processati solo 7.369). «Ora sono 45 i laboratori attivi — spiega l’assessore alla Sanità Giulio Gallera — e stanno diventando 49». Si va dai grandi ospedali, come il Niguarda, che arriva ad analizzarne 1.500 ogni 24 ore fino alle strutture più piccole, che viaggiano al ritmo di qualche centinaio. «A queste condizioni potremmo fare 15 mila test al giorno — dice Gallera — se ci fossero più reagenti».

L’aumento di capacità

Ma anche il traguardo dei 15 mila test sarebbe insufficiente, secondo la Regione, visto che la platea si sta ampliando: doppio test per chi finisce la quarantena, controlli periodici sul personale sanitario e socio-sanitario, verifiche ancora in corso sugli ospiti delle residenze sanitarie per anziani, analisi su chi deve essere ricoverato in ospedale e sui dipendenti con febbre segnalati dai datori di lavoro. L’obiettivo ambizioso del Pirellone è più alto: raddoppiare i test quotidiani nell’arco di due mesi. Come? In pieno spirito autonomista, punta sulle proprie forze più che sugli aiuti da Roma. È stata aperta una manifestazione di interesse per trovare nuovi laboratori da coinvolgere, anche fuori regione e oltre i confini nazionali. Si spera in una risposta da Paesi vicini come l’Austria, la Svizzera, la Slovenia e la Francia. Si stanno poi acquistando ulteriori macchine per processare i tamponi e sperimentando modalità per «risparmiare» sulla quantità di reagenti. «Le dichiarazioni di Arcuri evidenziano che il problema dei reagenti è nazionale — dice Gallera — . Ma abbiamo un piano di sviluppo per arrivare a 30-40 mila test al giorno».

CORRIERE.IT

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