Il logoramento nella maggioranza. L’offensiva (congiunta) contro il premier
«Gravi mancanze di merito»
I problemi di metodo hanno ingarbugliato le trattive sul decreto Rilancio. Perché al vertice di maggioranza, invece di ricercare un compromesso politico, il governo si è presentato con l’articolato del provvedimento, provocando il malumore dei ministri per nulla disposti a fare i passacarte. Risultato: dopo due settimane, anche ieri Conte ha dovuto rinviare a oggi. E agli errori di metodo si uniscono «gravi mancanze di merito», denunciate in modo bipartisan dai democratici e dai grillini, che hanno messo nel mirino anche il ministro Gualtieri: l’accusa è che le norme non esprimono una linea di politica economica ma sono «l’affastellamento dei fondi di magazzino dei direttori generali dei vari dicasteri».
Fallimenti delle task force
Il caos attorno al decreto Rilancio è tale che rischia di pregiudicare il varo del decreto Liquidità alla Camera: l’esame dell’Aula è stato calendarizzato per mercoledì della prossima settimana, ma il ministero dell’Economia ha fatto sapere che tutte le forze del Mef sono impegnate, e fino a venerdì nessuno potrà andare in commissione a Montecitorio, dove si devono esaminare i quattrocento emendamenti presentati al provvedimento. Tanto basta per capire che il braccio di ferro sulla regolarizzazione dei braccianti è solo la faccia illuminata della luna, dietro cui si intuiscono le ombre dei parlamentari che subiscono le pressioni dei territori e sommano le invettive private con le proteste pubbliche: dopo i flash mob dei ristoratori a Milano, ieri sono apparsi i manifesti dei commercianti a Roma. La crisi è in atto, ma dato che è una crisi di consunzione dovrà prima consumarsi, siccome «nessuno avrà il coraggio di muoversi», dicono nel Pd: «E tutti resteranno in attesa di un evento esterno, che sarà il fattore scatenante». Ma mentre si registrano i fallimenti di task force sempre più pletoriche e di commissari sempre più in affanno, il governo trova il tempo per dividersi (anche) sulle nomine. E la sfida sui vertici dei servizi sarà un’anticipazione della resa dei conti tra Di Maio, il Pd e il premier, che — rivelano fonti di maggioranza — «sull’Aise si sta giocando una partita personale. Ed è molto presente, in stile Dpcm». Finché c’è nomina c’è speranza.
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