Ezio Bosso, la musica e la malattia: «Il sorriso strumento senza tempo». E la sua storia non è finita
Negli ultimi tempi la malattia stava per avere il sopravvento, l’aveva costretto a smettere di esibirsi; ma nel chiuso della casa, con la sua compagna e i suoi tre cani, aveva continuato a suonare, a provare, a comporre. Ora pare impossibile che non ci sia più. Sembrava una di quelle persone fortissime nella loro apparente fragilità. Talmente piegate e sofferenti da diventare immortali.
L’orribile notizia di stamattina arriva nel momento più drammatico delle nostre vite. Abbiamo perso il decano dei nostri architetti, Vittorio Gregotti, e il più importante dei nostri critici d’arte, Germano Celant. In molte famiglie, in quasi tutte le comunità si è aperto un vuoto. La morte ha sfiorato le nostre vite. Di solito esorcizzata e nascosta, ora sembra diventata una consuetudine. Eppure la morte di Ezio Bosso sta emozionando l’Italia come non mai. Perché dice una cosa chiarissima: il mondo perde un talento della musica e dell’umanità; ma noi non possiamo arrenderci. Non dobbiamo, non vogliamo. Ce lo impedisce quel sorriso che Ezio ha saputo incarnare, e tornerà ogni volta che sentiremo la sua musica. La storia di Ezio Bosso non finisce. Ricomincerà ogni volta che qualcuno – giovane o vecchio, sano o malato – suonerà un pianoforte.
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