La setta Virology
Chissà se un destino cinematografico simile, quando tutto sarà finito, non spetti anche ai nostri esperti di epidemie. Resta che al tempo in bianco e nero cui ci riferivamo esisteva un unico volto pronto a offrire possibili, se non soluzioni, tracce per la comprensione dei fenomeni. Con i virologi, ultimamente, accade l’esatto contrario, assistiamo a una moltiplicazione di volti sia maschili sia femminili titolati degni di ciò che in circostanze non meno miracolistiche accadeva con i pani e i pesci.
Sorvoliamo sul fatto che il virologo talvolta non possa
fornire indicazioni certe, e neppure, come sarebbe intellettualmente
assai più crudele, sguainare il megafono apocalittico del “Si salvi chi
può!” Resta che il virologo aldilà del proprio sesso di appartenenza, è
anch’egli individuo dotato di limiti, e se tutti noi perdoniamo, metti,
al basagliano Crepet e al lacaniano Recalcati il peccato di narcisismo,
perché mai dovremmo essere severi con i virologi divorati dall’affanno
delle sollecitazioni proprie dell’allarme storico presente?
Nessuno,
con il puntuto sarcasmo di Totò, nella situazione data, sebbene le
terapie intensive abbiano rispeso a svuotarsi, direbbe mai “Siamo uomini
o virologi?”, dimenticando che la scienza è disciplina fluida in sé,
aperta, e quanto ai confini esatti del COVID-19 le cose più giuste sono
state pronunciate da coloro che si sono umanamente al dato di realtà.
Esatto, ignoriamo del tutto quali forme mutanti possa prendere il nostro
virus, assodato che questo, come Lex Luthor, antagonista di Superman,
sembrerebbe in grado di trasformarsi in nube gialla per sfuggire agli
antidoti.
Andando però oltre le suggestioni cinematografiche, tornando al carisma sempre più pop dei nostri scienziati occorre rilevare che da tempo in rete è apparsa addirittura la copertina di un possibile album di figurine “Panini” intitolato, appunto: “Virologi, la raccolta completa 2020-2021”, inutile soffermarsi sui nomi, inutile fare caso a questo o a quell’altro professionista, basti per tutto dire che il professor Pierluigi Lopalco ha così dichiarato: “La mia figurina con il nome scritto giusto è introvabile”.
Che risposte darà invece il versatile Burioni, ospite fisso a “Che tempo che fa”, venendo a conoscenza di un esposto del Codacons alla Corte dei Conti?
“Dopo l’inchiesta condotta da Panorama che svela il business del
virologo e di altri suoi colleghi onnipresenti in tv – dice il documento
– Già da tempo Burioni è oggetto di numerose critiche e viene da più
parti accusato di eccessivo protagonismo mediatico. Vogliamo tuttavia
capire quanto costa il virologo ai cittadini italiani, considerata la
sua presenza fissa a un costosissimo programma Rai già oggetto di
indagini da parte della magistratura contabile”.
Quanto all’agenzia di eventi e comunicazione che si occupa del divulgatore scientifico, chi ha provato a conoscere l’esatto compenso,
si è visto rispondere: “Mi dica il budget, è limitato? Il professore
farà le sue valutazioni. Potrebbe decidere di partecipare gratuitamente
oppure di chiedere qualcosa in più perché è talmente impegnato che il
compenso economico può essere una ragione per fare le cose”. La collega Ilaria Capua,
leggiamo ancora, “per un contributo di 10 minuti su Skype o dallo
studio televisivo dell’università siamo attorno ai 2 mila euro più Iva.
Non andiamo a minutaggio ma se si chiede una presenza di 10 minuti non
può essere di un’ora, altrimenti la fee sale”, specifica l’agente.
Si sappia allora che nelle situazioni di allarme, senza neanche bisogno di citare il protagonista-eroe-santo laico de “La peste” di Camus, nascono degli dei volti familiari, così come, in tempi di terremoto, molti anni fa, avvenne con Zamberletti, ricorderete, no?
Forse soltanto l’arrivo di un possibile, salvifico vaccino, salvifico in tutti i sensi, manderà in frantumi lo specchio delle brame mediatiche della pandemia davanti alla destra lisergica sovranista secondo cui “la mascherina serve a individuare i dissidenti contro la dittatura della scienza” (sic).
L’HUFFPOST
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