Termometri a scelta e menu di plastica. La nuova vita sterile distante un metro
È una nuova vita, quella che germina nelle linee di indirizzo per la riapertura delle attività economiche, produttive e ricreative partorite dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome.
Una vita che assomiglia un po’ di più a quella di prima rispetto alla non-vita che abbiamo vissuto per due mesi, dai primi di marzo ai primi di maggio. Ma una vita comunque diversa: sterile, metrica, cauta. Una vita su prenotazione, igienizzata, mascherata, disinfestata, separata, misurata. In cui al ristorante bisogna garantire che tra i clienti ci sia sempre almeno un metro di distanza, a meno che non si tratti di conviventi ma bisogna fidarsi, perché il cameriere non è un confessore, uno psicanalista, un poliziotto o un travet dell’ufficio anagrafe, che diamine, ma poi si precisa che «la regione Campania ritiene che la distanza di un metro vada calcolata dal tavolo». Che fortuna per le «pizze a metro»… Non ci saranno saliere, zuccheriere, pepiere e oliere e speriamo quindi che tutto sia sempre condito alla perfezione, i menu saranno digitali, oppure cartecei ma usa e getta, oppure plastificati e saranno disinfettati continuamente. Le trattorie odoreranno più di lysoform che di ragù. Una vita in cui ci rassegneremo a conoscere sempre la nostra temperatura corporea perché ovunque potrebbe esserci chiesto di rilevarla e guai ad agitarci perché la febbre sale in un attimo e la cosa potrebbe costarci caro. Una vita in cui l’uso del mezzo privato sarà incentivato in quanto meno pericoloso, e possibilmente dal solo pilota, ma poi i parcheggi dei centri commerciali, dei mercati, degli stabilimenti balneari e di altri luoghi dovranno essere distanziati e quindi chissà dove le metteremo, le nostre scatolette di lamiera finalmente rivalutate dopo anni di demonizzazione ambientalista.
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