Ai confini della realtà
Dunque potremo uscire a riveder le stelle, incontrare gli amici sia pur a un metro di distanza, andare al barbiere dopo le undici di mattina uno alla volta, tornare a ristorante con i tavoli non attaccati, andare in chiesa a nutrire lo spirito, in palestra a tonificare il corpo, anche se dal 25, al teatro e al cinema un po’ più in là, insomma “si potrà andare dove si vuole” con mascherina, amuchina e senza toccarsi. Finalmente, diciamolo, perché i dati lo consentono e il Governo ha imboccato la strada – necessaria e rischiosa – di convivere col virus, perché l’alternativa di stare a casa fino al vaccino era impraticabile.
Si potrà fare tutto questo, dopo un sofferto travaglio decisionale, in cui alla fine molto è stato concesso alle richieste delle Regioni, in termini di centimetri tra sedie e ombrelloni, ma sempre con la mascherina, perché poi, a ogni dpcm, nell’impossibilità di mettere le braghe giuridiche al mondo, il senso ultimo è sempre “dipende da voi e dai vostri comportamenti”, in attesa delle app e dei tamponi di massa. Alla fine della conferenza stampa di Conte, solito format, puntuale come il telegiornale nell’ora di massimo ascolto (inizio 20,20 con diretta nel Tg1, fine un’ora dopo quando è finito il Tg2), rileggendo i meticolosi appunti su ciò che si può fare e ciò che non si può fare, la domanda nasce spontanea: ma il problema di oggi è che le norme consentono di andare in vacanza o che mezz’Italia non ci andrà perché non se lo può permettere? Che nei negozi si entra a un metro di distanza o che molti negozi, alberghi, attività commerciali neanche possono riaprire? E l’elenco, non di ciò che consente il dpcm, ma di ciò che ormai impongono le condizioni reale del paese, può essere davvero lungo. Troppo facile, direte voi: se chiude sbaglia, se apre sbaglia, provateci voi iene dattilografe a governare il mondo ammorbato dalla peste.
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