Turchia, le note di Bella Ciao diffuse dai minareti delle moschee di Smirne. L’ira di Erdogan
rep
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Grup Yorum è una formazione nata nei quartieri popolari di Istanbul
che maggiormente avversano il partito al potere, e si professano vicini
alle istanze del marxismo. Dopo i funerali dei tre musicisti, dove è
stata impedita una forte partecipazione a causa delle precauzioni per la
pandemia, anche i loro avvocati sono stati arrestati. I Grup Yorum alla
fine dei loro concerti erano soliti terminare la performance in un
grande abbraccio con il pubblico, contando tutti insieme Bella ciao
in turco. Una canzone cara anche alle guerrigliere curde sia a Kobane,
in Siria, sia nel Pkk (il Partito dei lavoratori del Kurdistan, il
movimento considerato terrorista, da quarant’anni in lotta con
l’esercito di Ankara). E così, l’altra notte, molte mani hanno finito
per sostituire la chiamata sacra a rompere il digiuno, con una canzone
che, nella versione intonata dalle ribelli curde, porta in Turchia
all’arresto e alla prigione.
rep
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Il caso imperversa su tutti i social. E naturalmente gli oppositori
del capo dello Stato, in larga parte residenti nella laica Smirne, città
cosmopolita e da sempre governata dal partito repubblicano, rilanciano Bella Ciao
in tutto il Paese. La popolazione ha potuto ascoltarla distintamente,
visto che pure i turchi in questo periodo si ritrovano in gran parte a
casa, per via delle restrizioni del virus che ha pesantemente colpito la
Turchia.
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Le autorità di governo sono intervenute subito. La sezione
provinciale della Direzione per gli affari religiosi, istituzione che
dipende direttamente dalla Presidenza della Repubblica, parla di
sabotaggio, e ha avviato un’indagine interna. E la procura di Smirne ha
anch’essa aperto un’inchiesta: non solo sull’episodio ma, come ormai
d’uso nella Turchia degli ultimi anni, sui relativi post condivisi nei
social, con l’accusa per il reato di “offese ai valori religiosi”, norma
capace di portare all’incriminazione e al carcere.
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Secondo quanto si legge sul suo profilo Twitter, la Direzione per
gli affari religiosi ha attaccato la diffusione dell’inno antifascista –
e si può intuire con quale sottile intento i detrattori dell’uomo forte
in Turchia lo abbiano propagato – parlando di “ignoti che hanno
sabotato illegalmente il sistema di appello alla preghiera, denigrando i
valori religiosi”. E’ stata poi la volta del portavoce del partito,
l’ex ministro Omer Celik, fedelissimo di Erdogan, il quale ha
“vigorosamente condannato” l’episodio, affermando che “gli autori di
questo atto ripugnante saranno scovati”.
Tutti i media governativi si sono accodati nel criticare quanto accaduto
a Smirne, chi parlando di “scandalo”, e chi di “attacco vile contro le
moschee”. A causa dell’emergenza per la pandemia, i luoghi sacri sono
chiusi da mesi in Turchia. Ma presto proprio le moschee, su disposizione
del capo dello Stato, saranno le prime a riaprire le porte, ancora
prima delle scuole e del calcio. Con un controllo adesso stringente
sugli altoparlanti dei minareti.
REP.IT
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