Relazioni Cina-Usa, Pechino evoca “guerra fredda” ma poi tende la mano: “Pronti a collaborare a inchiesta sull’origine del virus”
“Indagine sull’Oms”. Ma la Cina evita il banco degli imputati
di FILIPPO SANTELLI
Wang ha rivendicato i 12 miliardi di mascherine esportate da Pechino
negli Stati Uniti, «40 per ogni cittadino americano». Dall’altro lato
però il regime alza la voce per mostrarsi forte di fronte all’offensiva
americana, soprattutto agli occhi dell’opinione pubblica interna. Da qui
le parole dure, da falco, pronunciate da Wang Yi, azzimato e marziale
come suo solito. Un’ideale replica agli affondi che Pechino riceve
dall’amministrazione Trump e in particolare dal segretario di Stato Mike
Pompeo.
· Così la guerra fredda Usa-Cina divide la politica italianadi CONCETTO VECCHIO
Pur senza citarli, il ministro cinese ha parlato di un «virus politico»
che si diffonde in America e che porta a colpevolizzare e calunniare il
Dragone: «La differenza tra la Cina e alcuni politici americani è come
quella tra fatti e bugie, tra scienza e pregiudizio».
Medicina e Ricerca
Coronavirus, direttrice del laboratorio di Wuhan: Nessun coinvolgimento con l’epidemia”
di VALERIA PINI La convinzione sempre più diffusa nella leadership comunista è che il vero obiettivo di lungo termine degli Stati Uniti sia bloccare l’ascesa di Pechino, percepita in maniera bipartisan come il rivale dei prossimi decenni. Allo stesso tempo è evidente come la virata nazionalistica e autoritaria imposta al Paese sotto la leadership di Xi Jinping sia un fattore chiave nello spiegare il deterioramento dei rapporti, come dimostra la stretta di queste ore su Hong Kong.
Il tentativo di Pechino di approvare una legge sulla sicurezza nazionale per la città, bypassando le autorità locali, è letto da molte parti come la parola fine all’autonomia dell’ex colonia britannica, condensata dalla formula “un Paese due sistemi”. Wang Yi ha detto che la norma è “imperativa e urgente”, spiegando che “non danneggia l’alto grado di autonomia di Hong Kong, i diritti e le libertà dei suoi residenti e gli interessi legittimi degli investitori esteri”.
Pochi ci credono. Di certo non i cittadini di Hong Kong che ieri sono tornati sulle barricate dopo settimane, con bandiere americane e inediti slogan pro indipendenza. Né ci vogliono credere gli Stati Uniti che hanno già minacciato ritorsioni se la legge passasse, la più grave delle quali sarebbe cancellare lo status speciale concesso a Hong Kong. Qui Wang è tornato alla versione standard, già abbastanza affilata: sono affari interni della Cina, che non tollererà interferenze esterne. La tensione è destinata a crescere ancora.
REP.IT
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