Il piano di aiuti Ue una sorpresa positiva: aiuterà l’Italia anche sui mercati
Ciò significa che la forza complessiva di ciò che si sta costruendo tra Bruxelles e le principali capitali (Berlino e Parigi, ma anche Roma e Madrid) contribuisce a creare fiducia e sostenibilità attorno al debito italiano, la grande fonte di preoccupazione di tutti.
Dunque il governo potrà finanziare sul mercato il forte aumento di spesa pubblica del 2020 con molta meno difficoltà. Tra l’altro per l’Italia sono previsti dalla Commissione anche 90 miliardi di prestiti, a tassi molto più bassi di quelli prevalenti sul mercato per il debito di Roma e con scadenze di rimborso lunghe o lunghissime.
Dall’altra parte, alla Germania di Angela Merkel la Commissione guidata dalla sua ex “delfina” von der Leyen chiede sicuramente uno sforzo. Berlino riceverebbe solo 28 miliardi dal nuovo pacchetto – che vale per la coda del 2020 e per la fase 2021-2024 – mentre contribuirebbe per 131 miliardi. La Germania dunque sarebbe contribuente netta per 103 miliardi di euro del progetto che è nato sotto il nome di Recovery Plan europeo.
Ci sarà tempo per vedere i dettagli, i potenziali problemi nel pacchetto proposto da Bruxelles e le difficoltà nel negoziato con il gruppo di Paesi più contrari (Olanda e Austria) o freddi (Svezia e Danimarca). Ma una lezione sul piano politico emerge già: le narrazioni e le attitudini della grande crisi europea del debito (2009-2015) sono al tramonto. Non c’è più una Germania intenta a impartire lezioni e a chiedere sacrifici, così come non ci sono più Paesi più deboli vittime della chiusura e dell’ostilità degli altri. La stessa cultura anti-europea nata dalle tensioni di quegli anni, in questa fase, sembra improvvisamente invecchiata e sempre più bisognosa di un aggiornamento alla luce delle nuove realtà.
Fra i trasferimenti diretti di bilancio – un portafoglio da 500 miliardi di euro nella proposta della Commissione Ue – l’Italia ne riceverebbe 81,8 a fronte di un contributo di 56 miliardi. Il trasferimento netto al Paese sarebbe dunque dell’1,5% circa del Prodotto interno lordo, in apparenza non moltissimo in proporzione a una caduta dell’economia che sarà più profonda.
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