“C’è un abuso del trojan, bisogna ripensarlo”. Intervista a Giovanni Legnini

Giovanni Legnini, lo rifarebbe a sollecitare le correnti del Csm a fare comunicati stampa a favore del pm che indagava Matteo Salvini o si è pentito, dopo le polemiche di questi giorni?

Si chiama “pratica a tutela”, non comunicato stampa a favore del pm che indagava Salvini. 

Tradotto, in modo più semplice?

Tradotto: il procuratore Patronaggio stava svolgendo le indagini e veniva attaccato e intimidito da diversi giorni anche da componenti del Governo dell’epoca. Quale vicepresidente dell’organo che deve tutelare l’indipendenza della magistratura e il sereno svolgimento delle attività giudiziarie, venivo sollecitato dalla magistratura associata ad assumere una posizione a tutela del pm. A tutela del pm, non certo contro Salvini, nei confronti del quale mai spesi neanche mezza parola.

Fu sollecitato e poi, di conseguenza, sollecitò a sua volta.

Chiesi a quel punto ai rappresentanti dei gruppi consiliari di esprimere la loro posizione in modo formale, perché era il 24 agosto e non potevo riunire gli organi consiliari. E i rappresentanti dei gruppi inviarono una nota limitandosi a chiedere che della questione fosse investito il plenum. Tutto qui: ciò che emerge dai messaggi pubblicati è esattamente ciò che fu all’epoca comunicato anche sulla stampa.  

Cioè lei dice di aver fatto il suo dovere. Ma perché è dovuto entrare nel meccanismo delle correnti e non ha fatto una dichiarazione in prima persona come vicepresidente del Csm?

Il vicepresidente del Csm non è organo monocratico, non agisce in proprio, ma rappresenta la volontà del Consiglio. Nessun meccanismo correntizio dunque, ma il semplice accertamento della posizione dei gruppi, a mezzo dei loro rappresentanti, che componevano il Consiglio che, è il caso di ricordarlo, è un organo elettivo. Ripeto, l’indagine era aperta da diversi giorni ed eravamo in presenza di ripetute aggressioni al pm.

Rivendica dunque di aver agito nel rispetto delle sue funzioni.

Certamente. Il tema, per il Csm, era tutelare il libero esercizio delle attività di indagine, non organizzare complotti contro Salvini. Chi mi conosce sa che già allora avevo perplessità sul merito delle indagini. Ma un conto è contestare legittimamente il merito – e come si è visto il procedimento non è andato avanti – altro è aggredire un magistrato che sta svolgendo indagini. È possibile che nel nostro Paese non riusciamo a distinguere la legittima critica al merito e ai metodi delle indagini dalla necessità di tutelare il sereno esercizio delle funzioni giudiziarie? 

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