“L’Italia del nuovo boom deve fare la torta, non pensare a come spartirla”
“Eccomi, sono dovuto andare in farmacia e a comprar l’ova”. In effetti una chiacchierata con Sandro Veronesi sulla ricostruzione e sull’Italia del boom non poteva non partire da uova e medicine, o mascherine. Elementi base quanto mai necessari, oggi che si deve ripartire dopo la grande pandemia, senza però dimenticare che tra il 25 aprile e il Sorpasso c’è stato Ladri di Biciclette. Una stagione di miseria, ma anche di grande energia.
Veronesi, scrittore Premio Strega con Caos Calmo e candidato quest’anno con Il Colibrì, è nato nel 1959, l’anno della Grande Guerra di Monicelli, un anno prima della Dolce Vita di Fellini. La ricostruzione l’ha concepito, col boom ci è cresciuto. E la sua visione del boom è senza troppi fronzoli.
“Parliamoci chiaro, molti dei padri dei miei amici di Prato per 20-30 anni quando hanno messo su la loro grande ricchezza di imprenditori tessili non hanno pagato mai le tasse. Non è che l’hanno pagate poco, non l’hanno pagate mai, e nessuno controllava. Zero. Però i soldi per fare la sanità pubblica, la pubblica istruzione… non mancavano. Te li ridavano! Eravamo il molo democratico in Europa contro lo spettro del comunismo. Poi è quando questo sistema è andato in crisi, negli anni ‘80, che s’è fatto il vero debito”.
Pronti-via, e il mito della generazione d’oro che ci ha fatto ripartire è subito smontato.
“Molti erano uomini e donne eccezionali, ma molti no. Eppure, si son fatti d’oro perché bastava montarci sopra a quel tram, e ti ritrovavi ricco. Bastava esserci e non fare sciocchezze. Quando cresci del 10 per cento all’anno vuole dire che la 500 che vedi parcheggiata sotto casa dalla finestra, l’anno dopo è una 1100, l’anno dopo ancora è una Giulietta. Era facile, ma era drogata quella situazione lì”.
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