Raffaello e l’Italia che siamo Un sistema di bellezza e valori
di Aldo Cazzullo
I russi da sempre adorano Raffaello. Quando l’Armata Rossa entrò a Dresda, per prima cosa si mise alla ricerca della Madonna Sistina di Raffaello — il quadro prediletto da Dostoevskij, che lo cita in Delitto e castigo, nei Demoni e ne L’adolescente —, e la portò a Mosca. Per dieci anni l’Unione Sovietica tentò di negare di aver trafugato il capolavoro, in cui l’artista aveva dato alla Vergine il volto della donna amata. Poi lo restituì ai «compagni» della Germania Est. Prima però la Madonna fu esposta al Pushkin. Tutta Mosca sfilò per vederla; e per mesi il museo fu tenuto aperto fino alle 3 del mattino.
Ora il presidente delle Scuderie del Quirinale, Mario De Simoni, dice di essere pronto a fare altrettanto, per consentire a tutti di visitare in sicurezza la mostra dell’anno, dedicata a Raffaello, cinque secoli dopo la sua morte. Potranno entrare 75 persone all’ora, fino alle dieci di sera; ma se dovessero esserci più prenotazioni, si potrebbe anche fare più tardi. Come al Pushkin, appunto.
La mostra di Raffaello riapre il 2 giugno, come auspicato da Mattarella. Il capo dello Stato l’aveva inaugurata pochi giorni prima del lockdown. In questi tre mesi la mostra è stata come ibernata: pesanti drappi scuri sono calati a proteggere i disegni, che non possono essere esposti alla luce per più di 14 settimane di fila. Tutti i grandi musei prestatori — gli Uffizi, la Galleria Borghese, il Louvre, la National Gallery di Londra, quella di Washington… — hanno rinunciato a riprendersi le opere. E ora Raffaello potrà essere onorato come merita.
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