Radiografia di una rivolta
Il 30 aprile del 1992, in un bel pomeriggio di primavera, ero a San Diego, California, inviato del Corriere della Sera, a un evento felice. Il Moro di Venezia, dell’armatore italiano Raul Gardini, aveva appena vinto, con il leggendario skipper Paul Cayard la Vuitton Cup di vela, acquisendo, primo equipaggio nella storia non di lingua inglese, il diritto di disputare la finale dell’America’s Cup. Era una festa di casa, ruote di parmigiano, prosecco, brindisi, chiacchiere. Un amico velista, figlio del giornalista Livio Caputo, mi aveva portato a bordo di una barca al seguito della regata e, malgrado l’onda lunga del Pacifico rendesse difficile scrivere sul computerino Tandy era stata una giornata meravigliosa. Ricordo il molo di legno sommerso dai tifosi in festa, Gardini sorridente, che fumava gettando cicche in acqua e quel suo aplomb distaccato mi tornò in mente un anno dopo, il 23 luglio del 1993, quando, travolto dal clima d’odio seguito all’inchiesta Mani Pulite, si tirò una rivoltellata.
Quelle ombre erano lontane allora ma, verso la fine del party, notai a nord, lungo la costa, delle colonne nere di fumo. Ne parlammo con qualche collega americano, demmo un’occhiata all’ubiqua CNN, al tempo sola rete di notizie 24 ore su 24. A Los Angeles, metropoli a 75 km da San Diego, un’ora e tre quarti lungo l’autostrada I-15 N, una giuria bianca aveva assolto un gruppo di poliziotti bianchi, al processo per il feroce pestaggio, senza seri motivi, di un operaio edile afro americano, Rodney King, qualche precedente penale, ma nulla che giustificasse le sevizie. Per la prima volta però, l’episodio, allora roba normale a LA, era stato ripreso da una telecamera portatile, e quando l’operatore George Holliday consegnò il nastro al tribunale, lo scandalo fu clamoroso.
Il ghetto nero s’era sollevato in massa, militanti per i diritti civili, gente qualunque esasperata, gang criminali, teppisti s’erano trovati insieme per strada, tra proteste, saccheggi, sparatorie. Un camionista, fermatosi a un semaforo sbagliato, era stato ridotto in agonia a colpi di estintore, i coreani difendevano i loro negozi con i machete, girare la notte era un’avventura pericolosa. Quando il povero King, da una stazione radio locale, pregò con voce lamentosa “Ma perché non andiamo d’accordo tutti quanti?” Los Angeles piangeva 93 morti, 2383 feriti, gli arrestati erano 12.000, i danni oltre un miliardo di dollari, i boulevard e le zone povere pattugliati dai carri armati dei Marines e della Guardia Nazionale.
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