La strada giusta per il dopo di un’Italia che sa resistere

Un disastro che resta imponente, da qualsiasi lato lo si esamini. Più di 33 mila morti, di cui 27 mila sopra i 70 anni, la metà dei quali soffocati nelle residenze per anziani, uno degli inferni più vergognosi per un Paese civile, con la ricca Lombardia a rappresentarne l’epicentro (primato valido anche per numero complessivo di contagiati e di decessi: no, qualcosa non ha funzionato nella ricca Lombardia). E poi le scuole, con il non invidiabile record di essere state le prime a chiudere e le ultime a riaprire, forse a settembre e comunque dopo tutto e tutti, come se l’istruzione non fosse un bene primario da tutelare e su cui investire. Ma qualsiasi dato si esamini, è da bollettino infausto di guerra. Il 40 per cento delle famiglie faticherà a pagare l’affitto nei prossimi mesi. L’80 per cento delle imprese che hanno riaperto (il 20 per cento che manca rischia di non farlo più) denuncia perdite superiori a metà del fatturato. Si parla come di una fatalità ineluttabile dell’imminente scomparsa di un milione di posti di lavoro, 700 mila nell’ipotesi più favorevole.

Il pacato grido d’allarme del Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, che qualche giorno fa ha annunciato un crollo del Pil del 13 per cento e invocato un patto tra governo, istituzioni e imprese per evitare il baratro, è stato accolto con un generale plauso di approvazione e un’altrettanta frettolosa archiviazione come ipotesi di pura retorica. Ma se il «nuovo contratto sociale» auspicato dal Governatore non prenderà davvero forma e sostanza, la deriva più probabile è che venga sostituito da un «nuovo contagio sociale», sul quale già soffiano con guance rigonfie gli alfieri del «tanto peggio», irresponsabili al punto da anteporre un incasso elettorale da malcontento al destino di un Paese che già nelle prossime settimane, a cominciare dal Consiglio europeo del 19 giugno, si giocherà una fetta importante di questo inatteso presente e del senso che l’Italia deciderà di darsi.

Essere una Repubblica, come è stato deciso nel referendum del 1946, non significa soltanto aver scelto di non avere un re. Ricordava ieri su questo giornale Marta Cartabia, presidente della Corte costituzionale, che Repubblica è un termine carico di storia e di significati. Tra questi, il compito di rimuovere, come da articolo 3 della Costituzione, «gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana». Rimuovere gli ostacoli sarà, dovrebbe essere, una delle direzioni di marcia del «dopo» che ci aspetta. Non c’entra il buonismo, e nemmeno l’appartenenza politica: è un dovere, scritto nella Carta che ci siamo dati, e vale come tale nella buona ma soprattutto nella cattiva, o quantomeno difficilissima, sorte.

Proprio al parto della Repubblica, dopo le devastazioni della Seconda guerra mondiale, fa riferimento Mattarella quando collega lo sforzo di unità, che permise all’Italia lacerata di allora di rinascere, alla necessità urgente di ritrovare, nel tempo dell’oggi, quello stesso comune sentire. «Come abbiamo ricostruito il Paese settant’anni fa, possiamo assumere questo 2 giugno come l’inizio della nostra ripartenza». Ritrovare nel momento cruciale di passaggio dal «prima» al «dopo» il vero volto della Repubblica, cioè il perseguimento del bene come bene di tutti.

I tricolori che ancora pendono sbiaditi da qualche balcone, il sentimento nazionale che all’inizio della pandemia provò a reagire al terrore del virus con l’innocente ma collettivo «andrà tutto bene», sono la prova che c’è un’Italia che non ha dimenticato di essere un popolo e si è ricordata del valore di saper resistere. Resistere al male, quale esso sia, da ovunque provenga, dalle viscere della natura come da una brutalità della Storia. Quando la sentinella Mattarella dice «sono fiero del mio Paese», guarda allo straziante «prima» ma indica anche una strada, e un desiderio, per il «dopo» che ci sta aspettando.

CORRIERE.IT

Rating 3.00 out of 5

Pages: 1 2


No Comments so far.

Leave a Reply

Marquee Powered By Know How Media.