Ecco i veri numeri della recessione
di Federico Fubini
L’Italia vive oggi sotto l’effetto di un colossale, costosissimo, inevitabile, ingiusto antidolorifico. Quasi tutte le ferite aperte nelle imprese, nelle banche e nei redditi delle famiglie sono state sedate con uno tsunami di sussidi che stanno raggiungendo capillarmente strati vastissimi della società. Il trauma della recessione è attutito dall’effetto potente e diseguale della spesa pubblica, per ora.
Giuseppe Pisauro, presidente dell’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb), calcola che le erogazioni del governo in questi mesi stanno raggiungendo un terzo delle famiglie italiane. Dove arrivano, questi trasferimenti varati nell’emergenza Covid-19 contano per la metà del reddito disponibile prima della crisi, anche se la distribuzione si presenta come l’ennesimo paradosso del welfare. I redditi più alti riescono a intercettare una fetta sorprendentemente larga dei sussidi di emergenza. Secondo l’Upb, sta ricevendo sussidi una ogni quattro del 10% delle famiglie con maggiori entrate nel Paese; la fetta riservata a questi redditi più alti d’Italia (l’8,8% del totale dei trasferimenti) è pari alla fetta dedicata al 10% delle famiglie che guadagnano di meno.
Nella fretta dell’emergenza, forse era inevitabile che l’antidolorifico fosse distribuito in modo non impeccabile. Ma ora la domanda più urgente è un’altra e riguarda il panorama nel Paese quando lo tsunami delle tutele pubbliche si sarà ritirato. Quel giorno non è lontano: le misure di cassa integrazione straordinaria legate alla pandemia sono arrivate a coinvolgere sette milioni di lavoratori — un aumento del tremila per cento sul 2019 — ma sono finanziate solo per nove settimane. Le indennità degli artigiani durano due mesi, così come il reddito di emergenza per chi non ha altre forme di ricavi. Nel frattempo il 17 agosto scade il congelamento per legge dei licenziamenti, mentre filiere vitali e collegate come l’automobile e l’acciaio faticano a ripartire. Senza nuovi sussidi — che implicano più deficit e più debito — a settembre l’Italia rischia di trovarsi di fronte a un muro di disoccupazione e stress sociale. La Commissione europea stima che quest’anno si perderà «il 5% o più» dell’occupazione esistente, almeno 1,2 milioni di posti.
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