Roberto Burioni va in silenzio stampa: «Basta: da qui all’autunno non parlo più»

All’inizio però lei si confrontò con Red Ronnie e Brigliadori
«Da quella volta decisi: non mi confronto mai pubblicamente con persone che non sono qualificate a parlare della mia materia. Io ho fatto quello che ritenevo giusto: sin dall’8 gennaio ho cominciato a preoccuparmi per quelle “strane polmoniti” che si vedevano in Cina e ho preso a studiare le carte».

Eppure in rete gira ancora il meme di lei che dice: «In Italia il virus non circola», com’è possibile?

«Ecco, questo non me lo spiego: l’ho detto in un momento in cui non c’era alcuna evidenza, come se ora lei mi chiedesse se in Italia circola la malaria. Dovrei rispondere che circola? Però, badi bene, nessuno va a prendere le frasi che ho rilasciato il 22 gennaio, quando ho detto testualmente: “Le autorità europee hanno affermato che il rischio che il virus arrivi in Europa, e in particolare in Italia, è minimo. Io non sono per niente d’accordo con loro, ma spero vivamente di sbagliarmi”. Che dire? In Italia ti perdonano tutto, ma non la popolarità».

La nostalgia degli studenti è l’unico motivo per cui lei lascia la tv?
«Lo faccio anche perché ho capito molte cose in questi mesi. Un’aula televisiva come quella che mi ha offerto un grande professionista come Fazio è stata una palestra importante e — sono onesto — molto gratificante. Ma il linguaggio della tv non è quello della scienza. I suoi tempi non sono quelli della scienza».

Che cosa accade?
«Si viene travisati, esposti al rischio di dire cose mai dette. Mi hanno attribuito di tutto. Una cosa però me la faccia dire: oggi la politica ci chiede certezze ma quando, appena qualche mese fa, dicevamo che i vaccini sono indispensabili, una certa politica ci ha sbeffeggiato e ha strizzato l’occhio ai complottisti».

Se lo aspettava un attacco così da parte dell’«Espresso», che ha fatto i conti delle sue consulenze alle grandi aziende nella fase di ripartenza?
«Onestamente no. Sulle consulenze dico una cosa semplice: chi dovrebbe aiutare la ripartenza di un Paese se non un esperto di queste questioni? Se la Ferrari mi chiede un aiuto, dovrei dire di no? Io ritengo che sia un dovere dare una mano. E un professionista va pagato, perché altrimenti si tratta di sfruttamento. Mi hanno accusato di speculare sulla pandemia persino quando è uscito il mio ultimo libro, Virus, anche se tutti sapevano che i proventi sarebbero andati alla ricerca».
Professore, ma «ritirandosi» lei non rischia di lasciare il campo ai fabbricanti di fake news in un momento delicato come questo?
«L’Italia ha fatto un sacrificio enorme. Senza il lockdown ora staremmo contando i morti per le strade. Gli italiani secondo me hanno capito da che parte stare».

CORRIERE.IT

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