La nuova ondata statalista
di Angelo Panebianco
Chiunque conoscesse i suoi polli sapeva , o quanto meno temeva, fin dall’inizio, che l’Italia avrebbe tratto , dalla tragedia della pandemia, la lezione sbagliata. La lezione giusta sarebbe: in nulla vogliamo assomigliare alla Cina . Non solo — e questo è ovvio — non intendiamo importare l’ autoritarismo che le permise di nascondere l’epidemia nella fase iniziale(quando ancora avrebbe potuto bloccarla). Ma nemmeno vogliamo imitare o scimmiottare il suo capitalismo di Stato, il quale è il necessario, inevitabile, corollario dell’autoritarismo. E invece no: il capitalismo di Stato sembra ora avere qui da noi molti estimatori. Dentro e fuori la maggioranza di governo. Nonché in certi settori dell’opinione pubblica. I mai scomparsi nemici del mercato e della libera impresa hanno trovato nella pandemia un’ottima occasione per venire all’incasso. I suddetti si dividono, da sempre, in due categorie: quella dei lucidi, dei consapevoli e quella degli inconsapevoli. I lucidi sanno benissimo che più cresce la presenza dello Stato nell’economia più cresce anche il tasso di autoritarismo in tutti gli altri ambiti della vita sociale, politica in testa. Nessuna delle principali varianti del capitalismo di Stato (né quella russa né quella cinese né altre ancora)coesiste con la democrazia nel senso occidentale del termine. I lucidi lo sanno e approvano. Consapevolmente, lucidamente, sono nemici della società libera, detestano la democrazia liberale.
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