I nostri risparmi sono a rischio: come evitare la patrimoniale

La previdenza complementare

Cosa fare, dunque, se la patrimoniale si materializzasse davvero? Come riporta LaVerità, per attutirne gli effetti si potrebbe investire nella previdenza complementare, che mette al riparo anche in caso di fallimento: è basata su un sistema di forme pensionistiche incaricate di raccogliere il risparmio previdenziale mediante il quale, al termine della vita lavorativa, si potrà beneficiare di una pensione integrativa. Oppure si potrebbe investire parte del proprio denaro tramite un consulente finanziario e compensare, con buoni rendimenti, il prelievo di una patrimoniale che arriverebbe prendendo i soldi direttamente dal conto corrente o potrebbe essere calcolata in base al reddito. L’ipotesi peggiore prevede un inasprimento dell’Imu, e sarebbe un vero e proprio salasso per tre quarti degli italiani.

Insomma, con la complementare si possono ottenere buoni rendimenti sul lungo periodo: c’è la possibilità di detrarre fiscalmente poco più di 5 mila euro l’anno e risparmiare sull’Irpef ogni 12 mesi. Gli ultimi dati Covip (Commissione di vigilanza sui fondi pensione) ci sono oltre nove milioni di posizioni aperte presso forme pensionistiche complementari su un totale di circa 23,4 milioni di lavoratori (dato Istat).

Le tre tipologie di forme pensionistiche

L’attuale sistema italiano di previdenza complementare, si legge su LaVerità, prevede tre tipologie di forme pensionistiche private a cui è possibile accedere in base alla propria situazione lavorativa: i fondi pensione negoziali, rivolti a specifici gruppi di lavoratori che fanno parte di un determinato settore lavorativo; i fondi pensione aperti, destinati a tutti i lavoratori il cui contratto non prevede fondi pensione specifici ed infine i Pip (Piani individuali pensionistici di tipo assicurativo), polizze assicurative individuali con finalità previdenziali promosse da compagnie assicurative a cui possono aderire sia i lavoratori autonomi che i dipendenti.

Secondo i dati Covip, da inizio 2010 a fine 2019, il rendimento medio annuo composto dei prodotti di previdenza complementare è stato pari al 3,6% per i fondi negoziali, al 3,8% per i fondi aperti e per i Pip di ramo III e al 2,6% per le gestioni di ramo I. Nello stesso periodo, la rivalutazione media annua composta del Tfr è stata pari al 2%. Aggiungendo ai 10 anni gli ultimi difficili 3 mesi, i rendimenti medi annui composti sono scesi al 3% per i fondi negoziali e i fondi aperti e al 2,4 per i Pip di ramo III. Sono rimasti pari al 2,5% i prodotti di ramo I. La rivalutazione del Tfr nello stesso periodo è stata del 2%. Se considerati nel lungo periodo, insomma, si tratta di rendimenti interessanti.

Nel corso degli anni, i numeri delle varie forme pensionistiche private sono stati incoraggianti anche se negli ultimi mesi, come gran parte degli investimenti, la previdenza complementare ha visto il segno meno in gran parte delle sue forme oscillando tra un -5,2% per i negoziali al -12,1% dei fondi aperti e dei Pip nel primo trimestre. Esclusa la crisi globale, durante la ripresa i prodotti pensionistici complementari potranno davvero rappresentare un buon paracadute nel caso arrivi una patrimoniale.

L’incertezza per i futuri investimenti

Mentre tutto è ancora in ballo, la presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sulle banche, Carla Ruocco, vuole salvaguardare i 1400 miliardi di risparmi privati presenti sui conti correnti. E bisogna trovare il modo affinché, con un sistema di garanzie pubbliche, si possa partecipare ad un progetto di rinascita infrastrutturale di tutte le aree del Paese, Come riporta IlTempo, la mancanza di certezze sul futuro dell’economia, grava sull’utilizzo dei conti correnti. Il Governo non si pronuncia, ma dovrebbe farlo nel più breve tempo possibile per offrire garanzie pubbliche sul loro impiego, la redditività è fondamentale per la stabilità di un istituto e per la sua stessa clientela.

Come si può proteggere il risparmiatore? Sarebbe necessaria un’operazione che, rigorosamente volontaria per i depositanti, fosse fondata su incentivazioni e agevolazioni per investimenti alternativi che, in ogni caso, richiedono stabilità ed efficacia del quadro di politica economica, raccordo con la normativa e le iniziative europee e l’analisi costi -benefici.

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