Commissione d’inchiesta sulla gestione della crisi covid-19: oggi in Francia domani in Italia?

di Pietro Scuri

La Francia, con la Spagna e l’Italia è tra i Paesi europei che ha subito più danni dalla crisi covid-19: sia per quanto concerne il bilancio sanitario sia – e ancor di più – per le conseguenze economiche.

Il 3 giugno l’Assemblea Nazionale Francese ha varato la Commissione d’Inchiesta sulla gestione della crisi. Il Senato francese farà lo stesso a fine mese. L’iniziativa, assunta dalle opposizioni con i Repubblicani in testa, non è stata però stigmatizzata dalle forze di maggioranza che, evidentemente, ritengono naturale la funzione di controllo del Parlamento. Tant’è che la presidenza della Commissione toccherà a un membro del partito di maggioranza relativa En Marche mentre il maggior partito di opposizione LR esprimerà il relatore.

Così, circa 50 parlamentari per sei mesi indagheranno su mascherine, tamponi, test, residenze per anziani, zone rosse e sistemi di cura. I lavori si prolungheranno per sei mesi. La Commissione potrà convocare testimoni, svolgere audizioni sotto giuramento, consultare documentazione riservata, inviare informazioni al ministero di giustizia e, eventualmente, trasmettere carte alle procure.

Lo scopo dichiarato dell’iniziativa, però, non ha niente di “giustizialista”. Anzi, di fronte ai circa settanta esposti già giunti contro i membri dell’esecutivo coinvolti nella gestione della crisi, si prova a mettere un argine affermando l’autonomia del giudizio politico. Forse anche per questo da parte del governo non si è fatto nulla per provare a evitare il varo delle due Commissioni da parte del Parlamento. Piuttosto, nei prossimi giorni ne potrebbe nascere una terza di origine governativa col compito di affiancare quelle parlamentari e di svolgere un ruolo che si vorrebbe “complementare”: nella realtà dei fatti un modo questo di controllare che il controllore non debordi.

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