Oms, quante giravolte. Ora basta, non dobbiamo più ascoltarli
di MASSIMO DONELLI
Dal 10 gennaio e fino a ieri, ovvero per 151 giorni, gli esponenti dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) parlando di Covid-19 hanno detto tutto e il suo contrario. L’ultima sparata è della dottoressa Maria Van Kerkhove, 43 anni, epidemiologa americana: “È molto raro che una persona asintomatica possa trasmettere il Coronavirus”. Se non fossimo di fronte a una tragedia dovrebbe partire un coro di pernacchie. Ma qui servirebbe ben altro. Perché l’Oms ha gravi responsabilità nella morte di 400mila persone (l’intera popolazione di Bologna, per capirci) uccise dal virus.
E, forse, ci vorrebbe un processo. Non dico come quello che si svolse a Norimberga contro i gerarchi nazisti (vista anche la sinistra coincidenza con il numero che spinse gli Stati Uniti a chiederlo: c’era da rendere giustizia, infatti, a 400mila militari morti Oltreoceano). Ma nella guerra al Covid-19 gli ufficiali della sanità di tutto il mondo, gli eroi in camice bianco, e i loro soldati, i pazienti, hanno pagato anche, per non dire soprattutto, i ritardi, le incertezze, le contraddizioni di Tedros Adhanom Ghebreyesus, 55 anni, eritreo, numero uno dell’Oms, e dei suoi collaboratori. Partiti, da subito, con il piede storto. Il 10 gennaio, pensate, Ghebreyesus fa i complimenti alla Cina per aver tempestivamente condiviso le scoperte sul virus. In realtà, Pechino ha taciuto per settimane (forse mesi) fatali.
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